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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2014 alle ore 10:11.

Mourinho e Mancini (Ansa)Mourinho e Mancini (Ansa)

La malinconia spesso fa brutti scherzi. Ti propone un ricordo piacevole in un momento di difficoltà, mascherandolo da crocevia necessario per il domani. Peccato che il tempo non faccia sconti a nessuno e che vivere nel passato, come diceva e scriveva Edna Ferber "sia un'attività stupida e solitaria, perché guardarsi indietro fa male ai muscoli del collo". Da ieri sera la Milano neroazzurra è a caccia di fisioterapisti. La ragione è presto detta: a Istanbul, palcoscenico inatteso degli ottavi di finale della Champions League, è andata in scena la sfida tra il Galatasaray di Roberto Mancini e il Chelsea di José Mourinho. Due tecnici che insieme hanno consegnato all'Inter un carico di trofei da non dormirci la notte: 5 scudetti, 3 Coppe Italia, 3 Supercoppe italiane e una Champions League. Dodici titoli in sei stagioni. Se non è un primato, poco ci manca.

Dopo aver lasciato la Beneamata al suo destino, per Mancio e Mou non è stata subito gloria. L'ex compagno di squadra di Gianluca Vialli nella Sampdoria dei miracoli si è accasato al Manchester City degli sceicchi con l'obiettivo dichiarato di fare benissimo in Premier League e bene in Europa. Traguardo centrato nella perfida Albione (vinto il campionato 2011-12 dopo 44 anni di digiuno), ma clamorosamente mancato a più riprese sotto i riflettori della Champions. Fino all'esonero del maggio 2013. Colpa di una finale di FA Cup buttata alle ortiche contro avversari non irresistibili (Wigan). Allo Special One è andata un po' meglio. Alla guida del Real Madrid, oltre a dare spettacolo come al suo solito prima, durante e dopo le partite, il tecnico portoghese ha macinato numeri da applausi nell'era d'oro del Barcellona. Una volta primo, due volte secondo. In tre stagioni al timone delle merengues, Mourinho ha messo a ferro e fuoco le convinzioni degli avversari blaugrana come non accadeva da tempo. Fuori dei confini spagnoli, però, è mancato il guizzo decisivo. Il Real correva fino alle semifinali, poi crollava. Meglio cambiare aria e provare altrove, avrà pensato l'ex protagonista assoluto del triplete neroazzurro prima di salutare tutti e fare i bagagli.

Nuova destinazione, nuovo entusiasmo. Mourinho torna a Londra per riprendere le redini del Chelsea, Mancini si guarda intorno per un po' e a fine settembre dice sì al Galatasaray. Scelte azzeccatissime, almeno per il momento. I Blues hanno approfittato del calo di forma dell'Arsenal e ora sono in testa alla Premier League. La qualificazione agli ottavi della Champions è arrivata senza troppi affanni, come prevedibile. I giallorossi di Istanbul, invece, sono secondi nella Super Lig turca, dove non perdono dallo scorso 10 novembre (sconfitta nel derby con la capolista Fenerbahce) e hanno raggiunto le gare da dentro o fuori nella coppa dalle grandi orecchie grazie al doppio sgambetto confezionato ai danni della Juventus nella fase a gironi. L'urna di Sion ha fatto il resto. Galatasaray-Chelsea, ecco l'abbinamento che vale un posto nei quarti. Mancini contro Mourinho, la sfida si rinnova nei contenuti e nelle premesse. Il Mancio pungola, Mou non risponde.

"Mourinho ha vinto la Champions con l'Inter perché ha ereditato una buona squadra. Una squadra che ho costruito io", dice Mancini alla vigilia. E non ha tutti i torti, anzi. Al suo arrivo alla Pinetina, lo Special One può contare su cinque nuovi innesti che non stravolgeranno le logiche della squadra campione d'Italia. I nomi? Obinna, Quaresma, Amantino Mancini e Muntari. Una delusione dopo l'altra. Per Mourinho, tuttavia, buona la prima. Capisce che tutto torna senza dover rivoluzionare l'impianto di gioco e segue la scia, cominciando a educare i suoi giocatori con il verbo del trionfo. Che prenderà forma compiutamente la stagione successiva, con la tripletta che entra nella storia e dà voce alla leggenda. Via lui e ricomincia il pianto. L'Inter cambia tanto e male. Fagocita allenatori come fossero caramelle e fa fatica a tornare ai vertici del torneo tricolore. In Europa, poi, piove a dirotto, per anni. Con l'arrivo di Walter Mazzarri e l'insediamento di Erick Thohir, qualcosa pare sia cambiato, ma è ancora troppo presto per definire i contorni del rilancio. Nel frattempo, Mancini e Mourinho si stringono la mano sotto le stelle di Istanbul. Ieri è finita 1-1, tutto è ancora aperto, tutto è ancora possibile. Come il ritorno presto o tardi di uno dei due in neroazzurro. La malinconia, si sa, spesso fa brutti scherzi.

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