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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2014 alle ore 12:08.

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Se la privatizzazione di Enav prenderà la strada della quotazione in Borsa, privilegiata dal Dpcm emanato dall'esecutivo Letta, dovrà essere stabilito un tetto al possesso azionario, che in genere è pari al 2 o 3 per cento del capitale. La raccomandazione è stata inserita nella relazione presentata nei giorni scorsi dall'amministratore unico della società dei controllori di volo, Massimo Garbini, al ministero dell'Economia e che ora dovrà essere riesaminata, assieme a tutto il dossier sull'operazione, dal neo ministro Pier Carlo Padoan. Il tetto al possesso azionario nella sostanza prevede il congelamento dei diritto di voto di tutte le partecipazioni eccedenti la soglia, tranne che per quella del ministero dell'Economia.

Il vincolo serve a mantenere l'azionariato diffuso nel flottante della società una volta entrata in Borsa ed evitare che un singolo azionista privato possa acquisire significative partecipazioni rastrellando i titoli sul mercato. Il tetto auspicato per Enav, non è invece sinora stato contemplato per Poste Italiane, per la quale l'Ipo è già stata individuata come percorso per la privatizzazione e avrà dimensioni ben maggiori dell'operazione sulla società dei controllori di volo.

Tra le altre indicazioni contenute nella relazione, è presente il range di valutazione della società, che secondo Garbini può oscillare tra «900 e 1,3 miliardi di euro». E poichè si valuta di cedere fino al 49% del capitale, l'incasso massimo per lo Stato potrà essere di 650 milioni, ben al di sotto del miliardo e più stimato nelle scorse settimane dall'ex ministro Fabrizio Saccomanni.

Il Dpcm prevede, in caso di quotazione, l'apertura del capitale ai dipendenti. Nella sua relazione, il manager della società auspica anche l'ingresso nel board degli stessi, sulla falsariga di quanto accaduto con la privatizzazione dell'omologa inglese Nats.

Nel caso dell'operazione britannica non si trattò di una quotazione, per cui l'eventuale Ipo di Enav sarebbe il primo debutto in Borsa a livello mondiale per un operatore del controllo di volo. Nel 2001 il capitale di Nats fu aperto alla compagnia di bandiera inglese, Airlines Group (nato dalla fusione di British Airways e Iberia), che detiene il 42% del capitale, mentre un 5% è stato riservato ai dipendenti. La presenza di una compagnia nel capitale della società del controllo di volo determina un conflitto di interessi, al pari di quanto può accadere con un gestore aeroportuale. Per questa ragione l'Unione europea ha emanato un regolamento che tende a impedire la presenza di questi operatori, al pari delle società costruttrici di tecnologia, nel capitale dei service provider dei controllo. Quel regolamento è richiamato nel Dpcm su Enav. Nel caso in cui si andasse, invece, verso una trattativa privata con un'asta pubblica, candidati a entrare nel capitale sarebbero i fondi di investimento, di preferenza quelli esteri. Il fondo F2i guidato da Vito Gamberale ha già fatto trapelare il suo interesse per l'operazione, per quanto - controllando vari scali italiani come Sea - sia portatore di un conflitto di interessi. Tra l'altro ieri la procura di Milano ha chiuso l'inchiesta sulla privatizzazione di Sea indagando Gamberale e altri manager per turbativa d'asta a seguito di un presunto accordo con un fondo indiano. F2i ha ribadito l'estraneità ai fatti, escludendo che sia mai stato concluso un accordo con la società indiana Srei nella gara per aggiudicarsi il 30% di Sea.

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