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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2014 alle ore 06:41.

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Sei amministrazioni su dieci preferiscono fare acquisti in proprio e non si servono di sistemi centralizzati, come Consip, e centrali regionali. A fare la scelta autonoma sono persino le amministrazioni che, in teoria, sarebbero costrette per legge a ricorrere alle centrali, quali ad esempio le Asl: il 50% preferisce ancora il fai-da-te, nonostante da più di un anno (con il decreto spending review) sia obbligatorio passare per le centrali di acquisto regionali, o in mancanza, per le convenzioni Consip.
Più della metà degli enti poi non dispone di un albo fornitori e dunque controlla i propri appaltatori ancora a campione e manualmente. È il ritratto di un'amministrazione ancora in gran parte "arrugginita" e poco incline all'uso delle nuove tecnologie per approvvigionarsi quello che arriva dal Quarto rapporto «Come acquista la Pa» realizzato da Fondazione PromoPa e Università di Tor Vergata.
L'analisi su un campione di oltre 500 enti pubblici, tra Ministeri, Regioni, Università, Asl, Comuni, ma anche società partecipate dagli enti locali fotografa una realtà ancora poco dinamica, nonostante proprio l'ufficio acquisti sia stato investito negli ultimi anni da diversi cicloni: dalla spending review agli obblighi di trasparenza degli appalti, alla legge anti-corruzione. Normative che hanno avuto il solo effetto di appesantire i processi di acquisto della Pa, senza - è il giudizio del campione - garantire una reale trasparenza.
E mentre il nuovo Governo con il commissario alla spesa, Carlo Cottarelli, studia un ulteriore giro di vite e un rafforzamento del «metodo Consip», l'indagine quantifica, con numeri e percentuali, le resistenze verso le forme di aggregazione. Le più autonome? Sono le municipalizzate e le società partecipate dagli enti pubblici: solo il 24% del campione si affida a centrali di committenza o a gestioni associate per le forniture, poco meglio fanno le Università (30%), mentre l'aggregazione della domanda è una realtà consolidata in un Comune su due.
Commenta il presidente di PromoPa, Giuseppe Scognamiglio: «Sinora si è lavorato, e molto, sul fronte normativo e sugli strumenti operativi per razionalizzare la spesa, con i buoni risultati raggiunti da Consip e dal suo mercato elettronico». «Ora però - aggiunge - bisogna intervenire sulla formazione dei buyer pubblici, per fare loro acquisire le stesse logiche e competenze delle aziende private». «È mancata una governance soprattutto per le figure chiave degli acquisti - aggiunge Gustavo Piga, direttore del Master in appalti pubblici dell'Università Tor Vergata di Roma - che spinga nella direzione delle tecnologie e delle competenze, premiando, ad esempio i buyer che riescono a superare la logica dei tagli lineari». E proprio i tagli lineari e la riduzione degli acquisti sono la prima reazione alla spending review. In una scala da 1 a 10 i tagli alle quantità dei beni hanno inciso di oltre 6,4 punti (otto per Regioni e Ministeri) contro i 4,5 del valore-qualità.
Naturalmente le tante amministrazioni si muovono a diverse velocità. «Le situazioni di eccellenza si trovano nelle Regioni che hanno centrali di acquisto a loro volta ben strutturate e funzionanti, come l'Emilia Romagna, la Lombardia, la Toscana e la Puglia» spiega Annalisa Giachi, curatrice insieme con Simone Borra, dello studio che sarà presentato a Roma venerdì alla Scuola nazionale dell'amministrazione. «Al contrario -aggiunge - proprio le partecipate faticano a imboccare la strada della centralizzazione. Ma sull'innovazione si segnalano anche esperienze all'avanguardia come Trenitalia o Poste, che hanno sviluppato sistemi avanzati di qualificazione dei fornitori e di controllo della performance.
Spesso non è neanche una questione di risorse: tra chi ha investito in soluzioni tecnologiche sia per la gestione dei fornitori che per la programmazione della spesa il 44% ha speso meno di 10mila euro. Eppure più della metà (il 54% degli enti) non ha ancora una piattaforma di gestione dei fornitori (con i Comuni al 70%). Quindi processi chiave, come la rotazione degli appalti e il controllo di tempi e costi sono svolti, in un caso su due, in modo del tutto artigianale.
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