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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2014 alle ore 10:07.

KIEV - Si chiama "Autodifesa civile dell'Ucraina", ed è uno degli ultimi, più inquietanti esempi del legame che si è stretto tra gli avvenimenti di questi mesi e il mondo di internet e dei social networks. L'appello alla mobilitazione è una pagina aperta una decina di giorni fa su Vkontakte, il Facebook di Russia. Si rivolge a cittadini russi tra i 18 e i 45 anni "con esperienza nell'esercito", e propone loro di passare il confine russo-ucraino come turisti per poi unirsi a cosiddetti "gruppi di resistenza", a Donetsk o a Kharkiv, ma anche a Odessa e in Crimea, per dare il proprio contributo alla "battaglia per l'Ucraina". L'estate, nota invece sul proprio sito l'Unione dei paracadutisti russi invitando i propri membri a fare un salto in Crimea, "sarà calda".
E' Euromaidan, "quartier generale della Resistenza nazionale a Kiev", a dare l'allarme. A differenza della Rivoluzione arancione iniziata nel 2004, questa crisi ucraina è in qualche modo nata dai social media, dai tweet e dai messaggi su Facebook che hanno compattato il movimento di protesta contro il regime di Viktor Yanukovich. A partire dal 21 novembre scorso, quando un appello su Facebook di Mustafa Nayem, giornalista di origini afghane, ebbe in poche ore mille risposte: era diventato chiaro,a quel punto, che al vertice di Vilnius di pochi giorni dopo Yanukovich non avrebbe firmato l'Accordo di associazione alla Ue. La protesta nata nel nome degli ideali europei avrebbe assunto in breve anche una dimensione interna, puntando alla cacciata di Yanukovich. Ma probabilmente nessuno, quel 21 novembre, avrebbe immaginato le dimensioni del dramma che stava per esplodere.
Euromaidan, con la sua simbologia che fonde i simboli e i colori dell'Ucraina (il giallo-oro del suo grano, l'azzurro del cielo) a quelli dell'Unione Europea, è nato proprio come un hashtag, con le sue pagine su Twitter e Facebook che tengono alta la guardia su quanto avviene nel Paese proprio come gli irriducibili guardiani del Maidan, ancora accampati tra i fiori, i lumini rossi e le barricate che sulla piazza dell'Indipendenza di Kiev e nelle vie intorno - teatro della battaglia di febbraio - mantengono la memoria di quei giorni e delle loro cento vittime. "Restiamo qui per avvertire i fascisti", dicono.
Ma la comunità digitale che ha animato la protesta non è solo appannaggio di chi "andava al Maidan", come si "postava" in quei giorni. In febbraio la madre di uno dei blogger di Ukrainskaja Pravda - un giornale online che con la protesta ha visto moltiplicarsi il numero dei visitatori - ha chiesto ospitalità al figlio per pubblicare un invito "a tutti gli anziani come me, le mamme con bambini, i disabili", chiunque insomma non se la sentisse di "andare in guerra", diceva la signora suggerendo un'adunata in una piazza più tranquilla della città, per trovare comunque un modo di farsi sentire.
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