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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2014 alle ore 06:40.
L'ultima modifica è del 06 marzo 2014 alle ore 06:49.

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ROMA
Non basta un avviso di garanzia per chiedere un passo indietro a ministri o sottosegretari. Così il governo prova a calmare il vespaio sollevatosi più o meno in coincidenza con le dimissioni dalla carica di Antonio "Tonino" Gentile (Ncd) e che ha coinvolto, poi, la posizione nell'esecutivo di diversi esponenti democratici. Cinque Stelle, Lega Nord e qualche esponente in ordine sparso dallo stesso Pd, come Rosy Bindi, avevano spinto assieme per un allargamento del caso dopo l'abbandono volontario di Gentile. Ma ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, in un question time alla Camera, ha tenuto a escludere tassativamente un intervento diretto di Palazzo Chigi sui sottosegretari perché si facciano da parte.
Nessuna pressione verrà perciò esercitata su Francesca Barracciu (Beni e attività culturali), Umberto Del Basso De Caro (Infrastrutture e trasporti), Vito De Filippo (Salute), tutti coinvolti a vario titolo in inchieste sull'utilizzo di fondi regionali, e su Filippo Bubbico (Interno), indagato invece per una consulenza dubbia quando vestiva i panni di presidente della Basilicata. E a meno di clamorosi sviluppi, allo stato assai poco probabili, malgrado l'intenzione dei grillini di non abbassare il volume – erano state annunciate mozioni di sfiducia individuali – la storia sembra destinata a chiudersi qua.
Rispondendo in particolare sulla nomina di Barracciu, Boschi nell'Aula di Montecitorio ha spiegato che al momento non risulta a suo carico nient'altro che un'iscrizione nel registro degli indagati. E «il governo non chiede le dimissioni di ministri e sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia». Nella Costituzione è contemplato il principio fondamentale della presunzione di innocenza e «l'avviso di garanzia è un atto dovuto a tutela dell'indagato e non una anticipazione della condanna».
Non bastasse – è l'altro elemento su cui ha insistito il ministro – il procedimento si trova nella sua fase preliminare e la stessa Barracciu ne ha chiesto un'accelerazione. Solo all'esito si porrebbe quindi il problema se «chiederne le dimissioni».
Angelino Alfano chiamato a un commento si limita a un laconico «rispettiamo la scelta del Pd». Ma la ferita subìta ancora deve bruciare se il leader del Nuovo centrodestra si produce nell'ennesima zampata contro Forza Italia: a meritare di essere messo sotto accusa, per la brutta figura, è proprio il partito di Berlusconi, colpevole di aver indirettamente ritirato fuori l'affaire e ancor più per l'ambivalenza con cui ha maneggiato sin dall'inizio la materia. «Il caso è stato avviato da Il Giornale ed è una prova spiacevole che da quelle parti sono garantisti solo per convenienza».
Anche Renato Schifani non perde l'opportunità offerta dalle comunicazioni di Boschi per un riferimento polemico alla dolorosa vicenda che ha interessato il proprio uomo. «Non lo abbiamo fatto durante il violento e inconcepibile attacco subìto dal sottosegretario Gentile, non lo chiederemo adesso. Siamo un partito garantista, per noi l'indagine non è presunzione di colpevolezza».
Al di fuori di queste prese di posizione non emergono, almeno in modo esplicito, voci di assenso o contrarie. Segno evidente che un eventuale gioco al rialzo, da parte dei critici, avrebbe ora come ora scarse possibilità di incidere in concreto sulla scelta (forzata) dei sottosegretari. «Quattro indagati per me posson bastare...», aveva ironizzato martedì Beppe Grillo dal blog puntando incidentalmente a seminare zizzanie tra i democratici. Il tentativo dell'ex comico genovese è rimasto però piuttosto senza sèguito, a parte poche voci. Mario Morgoni, senatore e membro della direzione del Pd, si allinea al ministro Boschi criticando Rosy Bindi per aver dimenticato «un principio base del Pd: la presunzione di innocenza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I casi
Francesca Barracciu
Sottosegretario ai Beni culturali
Europarlamentare Pd, è indagata nell'inchiesta sui fondi del Consiglio regionale sardo
Filippo Bubbico
Viceministro all'Interno
Senatore del Pd, è indagato per abuso d'ufficio per la nomina di un consulente alla Regione Basilicata
Vito De Filippo
Sottosegretario alla Salute
Ex governatore della Basilicata, è indagato per peculato nell'inchiesta sui fondi del Consiglio regionale
Umberto Del Basso De Caro
Sottosegretario ai Trasporti
Senatore Pd, è indagato per peculato nell'inchiesta sui fondi dei gruppi del Consiglio regionale campano

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