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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2014 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:58.

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(Sintesi Visiva)(Sintesi Visiva)

MILANO - Scritta la clausola «anti-rincari» per l'abitazione principale, ora bisogna studiarne gli effetti, e la previsione non è semplice. Il fisco locale 2014 sul mattone ha trovato la propria ennesima versione nel decreto «salva-Roma» ter, che ora attende l'esame del Parlamento, e l'attenzione si concentra ancora una volta sul destino fiscale delle abitazioni principali.

Per tutelarle, la nuova regola (figlia di un accordo raggiunto settimane fa tra i sindaci e il Governo Letta) permette ai Comuni di introdurre un'aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille, sulle prime case o sugli altri immobili, a patto di introdurre detrazioni che per le abitazioni principali producano «effetti sul carico di imposta Tasi equivalenti a quelli determinatisi con riferimento all'Imu relativamente alla stessa tipologia di immobili». Il testo non è chiarissimo, gli effetti neppure.

Partiamo dalle certezze: il primo obiettivo, che pare raggiunto, è quello di azzerare la Tasi per i cinque milioni di case che, grazie al loro valore fiscale basso, non hanno mai pagato l'Imu perché le detrazioni fisse erano sufficienti ad azzerare l'imposta lorda.
Con la nuova formula queste case, in genere monolocali o bilocali piccoli e lontani dalle grandi città, dovrebbero essere salvi anche dalla Tasi. Certo: l'applicazione di «super-aliquota» e detrazioni non è obbligatoria, e il Comune potrebbe legittimamente decidere di far pagare a tutti la stessa aliquota (dall'1 al 2,5 per mille) senza detrazioni, ma pare una scelta politicamente suicida e priva di vantaggi per il bilancio locale.
Più difficile è anticipare che cosa potrà accadere alle abitazioni principali di valore medio, quelle che hanno una rendita catastale fra i 350 e i 450 euro, e che di conseguenza pagavano un'Imu compresa fra 50 e 250 euro a seconda dell'aliquota locale. Che cosa chiede, per loro, la nuova norma?

La regola scritta all'articolo 1 del «salva-Roma» ter, citata sopra, dice che i Comuni possono introdurre l'aliquota aggiuntiva a patto di prevedere per la Tasi «effetti equivalenti» a quelli dell'Imu «sulla stessa tipologia di immobili», non «sullo stesso immobile». La clausola, quindi, non sembra applicarsi casa per casa, anche perché un obbligo del genere imporrebbe ai Comuni di introdurre detrazioni su misura, diverse da abitazione ad abitazione.

La «tipologia di immobile» indicata dal decreto comprende in generale le «abitazioni principali» del Comune, per cui sembra chiedere alle amministrazioni di non chiedere al totale delle abitazioni principali più di quanto hanno ottenuto dall'Imu.
Nulla sembra vietare, per esempio, che il Comune concentri le detrazioni su particolari categorie, per esempio le famiglie con un'Isee inferiore a una certa soglia, lasciando "scoperte" altre: ma fino a 460 euro di rendita, e quindi fino a 73.600 euro di base imponibile, la Tasi al massimo costa più dell'Imu al massimo.

Un'altra variabile da capire meglio è rappresentata dal termine di paragone della «equivalenza» chiesta dalla norma: in altre parole, gli effetti fiscali della Tasi a che cosa devono essere «equivalenti»? Il riferimento più probabile è all'Imu 2012, dal momento che l'anno scorso l'imposta sull'abitazione principale non è stata pagata (a parte la mini-Imu nei Comuni che con aliquote superiori al 4 per mille), ma i sindaci sono interessati a ottenere il pareggio con le entrate 2013, che in molti casi erano più elevate rispetto all'anno prima.

In questa «equivalenza», poi, vanno calcolate le detrazioni da 50 euro per ogni figlio convivente fino a 26 anni? La regola dell'«equivalenza» sembrerebbe imporlo, ma questi sconti aggiuntivi erano previsti solo per il 2012-2013, e le amministrazioni potrebbero sostenere che non sono più dovuti. Per ritrovare certezze, bisogna salire ancora la scala dei valori catastali, e bussare alla porta delle case più importanti. Dai 700 euro di rendita in su, la Tasi al 3,3 per mille, senza detrazioni, è inferiore all'Imu massima, e dai 3mila euro di rendita la Tasi massima non è in grado di raggiungere nemmeno l'Imu standard.

Naturalmente, al crescere del valore scende il numero di immobili coinvolti, ma il carattere progressivo della vecchia Imu faceva sì che più del 50% del gettito arrivasse dalla minoranza delle case di maggior valore: proprio gli sconti assicurati dalla Tasi a queste abitazioni hanno creato i problemi nei conti che il «salva-Roma» ter prova a risolvere.
gianni.trovati@ilsole24ore.com

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