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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2014 alle ore 06:41.
L'ultima modifica è del 13 marzo 2014 alle ore 06:57.

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SIMFEROPOL. Dal nostro inviato
Vladimir Putin è insoddisfatto del tasso di crescita dell'economia, ma in Crimea non sembrano farci caso. Dando per scontata l'annessione, prima ancora di aprire i seggi del referendum, i sostenitori della svolta russa non dubitano che Mosca sia in arrivo con una bacchetta magica in grado di risolvere ogni problema. «Porteremo pensioni, sussidi e stipendi dei dipendenti pubblici al livello di quelli russi», assicura il premier della nuova Crimea, Serghej Aksjonov. Il tutto naturalmente grazie alla generosità di Mosca da cui il deputato Evghenij Mikhailov dice al settimanale «Vesti» di attendere, per cominciare, 6 miliardi di dollari con cui «riparare le strade, sviluppare le infrastrutture, sostenere le spese sociali».
Non tutti si lasciano incantare. «Stanno promettendo qualunque cosa - ridacchia Alina, che a Simferopol ha una piccola agenzia immobiliare - anche la pensione a 50 anni per le donne. Ma una cosa è chiederti in sposa, un'altra è sposarti». Invece Aleksandr Urev, che si definisce piccolo imprenditore, non ha dubbi: «Con la Russia dal punto di vista economico staremo molto meglio - assicura -, basta guardare la differenza tra gli stipendi di qui e quelli russi, non c'è paragone». Per lui, che fa parte di «Russkaja Obschina», Comunità russa, un'organizzazione sociale vicina al partito del premier Aksjonov, Mosca rimedierà a tutti i torti di Kiev: le tasse sottratte alla regione, gli investimenti mancati, l'obbligo di presentare documenti in ucraino. «Per anni, con tutti i governi seguiti alla Rivoluzione arancione, qui nessuno ha mai fatto niente, niente fabbriche e niente infrastrutture, la gente è stanca - si lamenta un gruppo di miliziani delle cosiddette forze di autodifesa filorusse –. Noi facciamo parte della classe media, siamo piccoli imprenditori e paghiamo le tasse, ma siamo costretti a vivere alla giornata. Non possiamo neppure permetterci di andare al mare, è troppo caro per noi».
Il governo di Simferopol corre avanti. Mentre la stampa locale dà già istruzioni ai lettori su come cambiare passaporto o organizzarsi per l'ingresso imminente nell'«area del rublo», il vicepremier separatista Rustam Temirgalev racconta che varie banche russe hanno già messo gli occhi sulla Crimea, progettando di aprire rappresentanze. A quelle ucraine Temirgalev invece chiarisce che «dopo l'ingresso nella Federazione russa potranno registrarsi» liberamente, «come banche straniere». Mentre le compagnie statali ucraine in Crimea, come l'energetica Cernomorneftegaz e le ferrovie, verranno nazionalizzate «entro breve». Nessun timore, assicura Temirgalev, per le imprese private: «Se registrate legalmente in Crimea, continueranno a lavorare come prima».
E invece chi ha un piccolo business come Alina si preoccupa. «Dovremo rifare tutti i documenti - spiega - cambiare sistema fiscale. In questo momento nessuno sa in che lingua scrivere le pratiche, i notai sono bloccati. Noi facciamo affari con Odessa, con Kherson, ci sarà una dogana ora? E poi, su un altro fronte: mio figlio sta preparando la tesi di laurea, dovrà farla in russo o in ucraino? E chi riconoscerà il suo titolo di studio?».
Molti temono che l'incertezza non sia temporanea: spaventata dal peso economico che si metterebbe sulle spalle adottando la Crimea, Mosca potrebbe decidere di lasciare la penisola in un limbo simile a quello in cui sono finite Abkhazia e Ossezia, peraltro regioni meno impegnative di questa, anche solo come numero di abitanti. Concentrata su agricoltura e turismo, la Crimea non è autosufficiente: dipende dall'Ucraina per il 90% dell'acqua che le serve per le persone e per i campi, per l'80% dell'elettricità, il 70% dei trasferimenti finanziari che, peraltro, il Tesoro ucraino ha già sospeso. In attesa probabilmente di punire lo strappo tagliando il resto. Mosca sarà disponibile a rimediare? Sarà meglio di Kiev per la Crimea?
«Rispondere non è facile - riflette Nazim Mamedov, fino a poco fa direttore dell'Agenzia per lo sviluppo regionale della penisola -. Non è tanto importante quanto denaro viene investito, ma in che tipo di progetti si usa. Il denaro da solo non paga lo sviluppo di una regione, per quello bisogna avere una visione e una strategia». Mamedov teme che non sia il caso dei nuovi dirigenti di Crimea. E teme che i progetti di sviluppo regionale appoggiati in questi anni dalla Ue e dalla Bers, la Banca europea per lo sviluppo, vengano dimenticati. «Non metta il link all'agenzia - sospira - non so neppure se tra poco esisterà ancora».
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