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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2014 alle ore 14:59.
L'ultima modifica è del 16 marzo 2014 alle ore 16:56.

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Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, incontra domani a Berlino il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con un occhio agli appuntamenti europei dei sette giorni successivi. Giovedì, si riunisce a Bruxelles il Consiglio europeo, dove tra l'altro è all'ordine del giorno la questione energetica, un tema che in Germania è diventato ormai uno dei più spinosi per il Governo davanti all'opinione pubblica. All'inizio della settimana successiva, l'Ecofin dovrà far fare un passo avanti decisivo all'unione bancaria, o rischiare un lungo rinvio a causa delle elezioni europee, e anche quello delle banche è un nodo particolarmente delicato per la Germania, da un lato per lo stato di salute dubbio dei propri istituti di credito, dall'altro per la determinazione a evitare di doversi sobbarcare i costi di eventuali salvataggi delle banche altrui.

E su tutto, naturalmente, domina la drammatica crisi ucraina, che sarà in agenda anche nell'incontro con Renzi.
Non vuol dire tuttavia che dal cancelliere il confronto con il nuovo capo del Governo italiano sia considerato un appuntamento di secondo piano. Al di là del desiderio di valutare meglio il peso di un interlocutore che la signora Merkel aveva avuto la preveggenza di saggiare, concedendogli udienza già nel luglio scorso, in Germania si vuole verificare la consistenza delle prime mosse di Renzi.

Avrà almeno in parte rassicurato Berlino la netta affermazione da parte del presidente del Consiglio a Parigi che da parte dell'Italia «non ci sarà sforamento» del tetto del 3% del Pil per il deficit pubblico, anche se la Germania è convinta che, sul risanamento dei conti pubblici, dato l'alto livello del debito, Roma debba fare di più. Certo, lo stato di salute della finanza pubblica è la base di partenza per ogni discussione con i tedeschi. Non a caso, anche nel suo podcast settimanale di ieri, il cancelliere ha tenuto a sottolineare i piani di bilancio annunciati dal ministero delle Finanze in settimana, che prevedono il deficit a zero nel 2015, un risultato mai ottenuto dal 1969, e l'obiettivo di ridurre il debito dall'80 al 60%.

Se rassicurata sui conti pubblici, la Germania può fare qualche apertura sull'enfasi dedicata alla crescita dal vertice italo-francese di ieri. Soprattutto se Renzi riuscirà a convincerla che sull'altro piatto della bilancia ci sono riforme strutturali serie, a partire da quella del mercato del lavoro, che per i tedeschi resta la principale cartina di tornasole. C'è in Germania una certa attesa, suscitata dallo stile nuovo di Renzi, ma anche qualche scetticismo dettato dai precedenti. «In fatto di riforme, non dovrà essere come il suo precedessore Mario Monti - ha scritto di recente Thomas Mayer, del Center for Financial Studies ed ex capo economista di Deutsche Bank - che dopo un buon decollo è tornato sulla terra». Mayer ricorda anche che, più che dalle azioni dei singoli Governi, la svolta della crisi dell'eurozona è venuta finora dal patto della signora Merkel con il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, per «fare tutto il necessario» per salvare l'euro. È Draghi, in fondo, l'italiano che il cancelliere ascolta di più.

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