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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2014 alle ore 07:22.
L'ultima modifica è del 19 marzo 2014 alle ore 08:32.

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Surkov, Glaziev, Rogozin, Yanukovich, Matvyenko. La lista di politici e militari russi e ucraini colpiti dalle sanzioni decise da Stati Uniti e Ue comprende 28 nomi, tutti vicini al presidente Putin o a personaggi che han dato il volto al referendum che ha sancito l'annessione della Crimea da parte della Russia, risultato che la comunità internazionale non sembra disposta ad accettare. Nelle stesse ore in cui Putin firma il trattato di adesione e fa l'ultimo passo formale, viene diffusa una bozza Ue in cui si chiede ai Paesi membri di intensificare gli sforzi per ridurre l'elevata dipendenza dell'Europa dal gas importato, un quarto del totale viene dalla Russia. Il documento di capi di Stato e di governo europei sarà reso pubblico venerdì dopo il vertice Ue ma sembra più una dichiarazione di intenti visto che nell'immediato poco si può fare - i vertici di General Electric Europe ed Eni ancora ieri sul Financial Times esprimevano forti preoccupazioni su rifornimenti e prezzi del gas che potrebbero salire alle stelle.

Anche la Russia sta pagando qualche prezzo: ha dovuto cancellare la sua sesta asta di bond dopo che i costi di raccolta del capitale han raggiunto livelli record per colpa dell'annessione della Crimea e le conseguenti sanzioni Usa e Ue; il ministro delle Finanze a Mosca ha dovuto rivinviare l'asta e ammettere sul sito del ministero «non vi sono condizioni di mercato favorevoli».

Asset congelati, visti ritirati, isolamento internazionale. Quanto si può andare avanti così? «La Russia può resistere senza fare aste di bond fino a metà anno» dice a Reuters Dmitry Dudkin, ricercatore allo ZAO UralSib Capital di Mosca, questo grazie anche al rublo più debole. È indubbio che i mercati vogliono stabilità e rispondono bene quando Putin promette che l'annessione della Crimea è l'ultimo atto di questa crisi e che non proverà a dividere in due l'Ucraina - vero timore di alcuni osservatori internazionali corroborato dal fatto che i disordini e le spinte secessioniste filorusse si sono spostate in questi giorni nelle regioni orientali del Paese.

A Mosca le sanzioni così come congegnate sinora preoccupano fino a un certo punto, colpire personalità russe e ucraine avrà un impatto limitato, si conta sulle parole di Putin, dice Anvar Gilyazitdinov, manager at Rye, Man & Gor Securities secondo cui non vi sarà un'ulteriore escalation. «Il mercato sta reagendo bene alla situazione che si va schiarendo. Gli investitori pensano che le sanzioni saranno tutto sommato miti e intravedono già la fine della crisi». Certo c'è un altro vertice europeo il 20 e 21 marzo in cui si potrebbero decidere nuove sanzioni ma la cosa non sembra preoccupare la finanza moscovita. Soprattutto perché Putin assicura che non si spingerà nelle regioni orientali: «A questo punto possiamo puntare sullo scenario migliore» conferma Joseph Dayan, dirigente di BCS Financial Group a Londra, piazza strategica degli interessi russi. «Putin ha detto chiaramente che l'Ucraina dell'est è off limits». Insomma tutto sembra andare secondo i piani, a meno che l'indignazione di Merkel e Obama non superi i livelli di guardia.






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