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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2014 alle ore 17:09.

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Il fenomeno della delocalizzazione dei gestori e dei consulenti fiscali che si occupano dei flussi della finanza privata rappresenta una vera e propria svolta nella riscrittura dell'asse geoeconomico internazionale. Per decenni gli esperti del private banking hanno guardato alle economie occidentali, agli States in particolare, e ai Paesi europei. A partire dagli anni '90 vi fu una prima inversione di tendenza coincidente con l'emergere di nuove realtà economiche, le cosiddette tigri asiatiche.

Ora, nel mirino dei banchieri più sperimentati del mercato svizzero, è l'Africa, come ha ripetuto per giorni John Wright, il responsabile del Gruppo che fa capo a Credit Suisse, in occasione d'una visita, durata 2 settimane, presso la capitale del sudafricana, Città del Capo. D'altra parte, l'intero Continente appare oggi, alla vigilia del post-crisi, come una fonte ricca di risorse inespresse e pronte per essere introdotte nei flussi di gestione tradizionali riservati all'alta finanza. Una ragione sufficientemente valida, sempre secondo il Direttore del mercato africano di Credite Suisse, per investire la capacità e l'abilità dei degli esperti di cui dispone il Gruppo su di una economia che cresce a passi veloci. In realtà, si tratta d'una svolta soggetta ad una doppia lettura, non semplicemente legata al glamour economico che promana da numerosi Paesi africani. Da una parte, infatti, si sottolinea la crescita registrata dal Continente africano nel triennio passato, dall'altra si guarda con fiducia a questi nuovi Paesi, in particolare il Sud Africa, per la gestione estremamente aperta ed elastica del fisco domestico. In pratica, le agenzie delle entrate modello africano sono in stragrande maggioranza di nuovo conio, prive d'un riferimento normativo e di know how che le renda capaci di stringere i cordoni dei capitali in uscita e dei relativi flussi. Un deficit evidente di expertise, e anche di mezzi e di dati, che di fatto rende ogni anno pronti per la libera uscita decine di miliardi di euro. Ed è proprio a questi nuovi tesori che sia Credit Suisse sia Ubs intendono dedicare maggiore attenzione.

L'Africa è quindi l'Eldorado delle banche svizzere. Zero fisco, non per le aliquote ma per l'efficacia reale dell'impianto normativo facile da eludere e dribblare. In aggiunta, 200mila nuovi milionari, con patrimoni che non attendono altro che inserirsi nell'autostrada dei capitali mondiali. La crescita dei nuovi ricchi africani è difficile da stimare, l'unico dato certo resta la sua inevitabile ascesa, sia nel numero sia nei patrimoni. Dunque, lo sbarco delle banche elvetiche in Africa equivale ad un salto nel futuro. Allettante, soprattutto osservando i dati recenti diffusi da Cap Gemini SA (CAP) e dalla Royal Bank del Canada. In sintesi, ogni anno i ricchi africani crescono in media del 10 per cento. In testa a tutti i Paesi sono il Sud Africa e soprattutto la Nigeria i cui milionari raggiungeranno quota 30mila entro il 2018. Un dato sorprendente, visto che 30mila sono i milionari standard d'un Paese industrializzato di medie dimensioni.

Ma la scelta di scommettere sul continente africano guarda anche al presente. Il meteo del fisco, di recente, ha sterzato in modo piuttosto duro contro i paradisi fiscali, cioè le giurisdizioni a bassa tassazione. Sotto l'occhio del fisco globale, che si stringe sempre di più sui flussi di capitali provenienti dai Paesi ricchi, sono finite le banche e i gestori elvetici, monopolisti indiscussi dell'elusione fiscale formato offshore. La crisi ha determinato un brusco risveglio anche dell'opinione pubblica mondiale nel modo di percepire l'offshore. La politica, per reazione, si sta adeguando e come un effetto domino gli strumenti a disposizione delle amministrazioni finanziarie si raggruppano proprio per poter arrestare i flussi destinati ad essere gestiti dai super-esperti delle banche elvetiche. E così, il risultato è che l'Africa, proprio per la sua debolezza, oggi offre un ottimo mercato cui rivolgersi in attesa di tempi migliori. Una sorta di area di parcheggio, comunque ricca di nuovi, freschi capitali in attesa d'essere governati, possibilmente a fisco-zero.

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