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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2014 alle ore 08:56.
L'ultima modifica è del 20 marzo 2014 alle ore 11:43.

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(Archivio Ansa)(Archivio Ansa)

Due frazioni, Natile vecchio e Natile nuovo, che si dividono gli appena 2.344 abitanti di Careri, paese aspromontano che confina con Platì e San Luca. Eppure è da questo microscopico centro della geografia mondiale, che partivano gli ordini di un gigantesco narcotraffico in giro per il pianeta, stroncato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria (con il procuratore aggiunto Nicola Gratteri e il sostituto Paolo Sirleo) e dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro. Sono state spiccate 23 ordinanze di custodia cautelare. Le ordinanze sono state firmate il 10 febbraio 2014 dal Gip Massimo Minniti.

Italia, Perù, Brasile, Olanda, Inghilterra, Belgio, Olanda, Montenegro, Spagna, Svizzera, Germania, Portogallo sono i Paesi che entrano in un modo o nell'altro nel gigantesco traffico di droga e in ciascun Paese il "locale" di Natile di Careri (vale a dire una struttura di ‘ndrangheta organizzata, composta almeno da 50 persone) aveva uomini e risorse pronte a trattare, acquistare, corrompere, organizzare e gestire il commercio di cocaina. Tonnellate di cocaina (almeno due quelle sequestrate in giro per il mondo) che viaggiavano con metodologie diverse dal passato.

Le indagini hanno consentito di "fotografare" un presunto sodalizio criminale sostanzialmente riconducibile a Pasquale Bifulco e Vito Francesco Zinghinì, entrambi ritenuti contigui al "locale" di ‘ndrangheta "Ietto-Cua-Pipicella" di Natile di Careri, storicamente dotato, nell'ambito del traffico internazionale di stupefacenti, di un'autonoma e ormai accertata operatività.

Il trasporto
Con riferimento alle tecniche di trasporto dello stupefacente, abbandonata ormai la metodologia della cosiddetta "nave madre" di grandi dimensioni, che trasborda lo stupefacente in imbarcazioni più piccole, gli indagati hanno mostrato di avvalersi della più sicura ed essenziale spedizione transatlantica di containers imbarcati su navi mercantili, rinunciando al tradizionale occultamento della droga in mezzo alla merce lecita spedita e privilegiando la cosiddetta tecnica "rip off", che consente di rendere la droga facilmente accessibile, all'interno del container prescelto, al personale portuale dell'approdo di destinazione, rivelatosi contiguo all'organizzazione criminale o corrotto dalla stessa, e comunque al servizio. Insomma, una sfrontatezza senza confini, è il caso di dire, che veniva garantita da una vasta rete di corruzione.
Grazie al Goa (Gruppo operativo antidroga) della Guardia di finanza di Catanzaro e all'intensa attività di collaborazione internazionale, che ha visto il coinvolgimento, mediante apposite rogatorie, delle Forze di polizia e delle Autorità giudiziarie di numerosi Paesi, è stato possibile inizialmente sequestrare oltre 600 kg di cocaina in diversi porti nel mondo e accertare l'importazione di ulteriori 130 kg verso l'Italia.

Le rogatorie
L'operatività degli indagati anche oltre i confini nazionali ha costituito l'input per ulteriori indagini condotte autonomamente in ogni Paese destinatario di richiesta di rogatoria, ma comunque armonizzate anche grazie all'attività di coordinamento svolta dalla Procura nazionale Antimafia, così consentendo di scoprire la complessa struttura organizzativa investigata e la sua estesa operatività. Non è un caso, dunque, che oggi il capo della Procura nazionale antimafia, Franco Roberti, sia a Reggio Calabria per illustrare l'importanza dell'operazione con il capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho. I Pasi coinvolti da rogatoria sono stati Spagna, Brasile, Svizzera, Inghilterra, Montenegro, Olanda, Germania e Portogallo.
Ecco spiegato il motivo per il quale, secondo la Direzione centrale servizi antidroga, questa è la più grande indagine mai fatta dall'Italia.

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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