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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2014 alle ore 08:18.

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Thailandia senza pace. La Corte costituzionale della Thailandia ha invalidato ieri, con sei voti contro tre, le elezioni legislative del 2 febbraio mettendo quindi il governo di Bangkok della premier Yingluck Shinawatra ancora di più in una situazione di stallo, anche se nelle strade la tensione appare notevolmente diminuita.
«Le elezioni del 2 febbraio non sono valide», ha dichiarato alla stampa un portavoce della Corte, spiegando che i giudici hanno deciso in base al fatto che in 28 circoscrizioni non era stato possibile votare a causa dei manifestanti del l'opposizione che avevano bloccato i seggi. Inoltre gli anti-governativi avevano impedito ad alcuni aspiranti candidati di registrarsi.
Per mesi, prima del 2 febbraio, i partiti di opposizione erano scesi in piazza chiedendo le dimissioni della premier Yingluck Shinawatra, considerata un burattino nelle mani del fratello, l'ex primo ministro in esilio Thaksin Shinawatra.
Negli scontri erano morte 23 persone e 600 erano rimaste ferite. La premier aveva allora indetto le legislative, rifiutandosi però di lasciare prima dell'entrata in carica del nuovo Parlamento. Ora la situazione di stallo si ripropone e l'esecutivo può occuparsi solo degli affari correnti. Le manifestazioni di piazza si sono sgonfiate, ma la situazione resta confusa.

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