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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2014 alle ore 08:18.

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ROMA
«Sono tutte invenzioni della stampa. I miei figli non saranno in lista per le elezioni europee». Dopo giorni di indiscrezioni, quella di Silvio Berlusconi è una smentita che serve ad allentare le tensioni interne, con una gran fetta del partito in fibrillazione per le candidature e le mancate nomine dell'ufficio di presidenza. Ma certo non chiude la questione della successione, questione alla quale occorrerà trovare presto una soluzione anche in vista del 10 aprile, giorno in cui il Tribunale di Milano deciderà del suo destino. L'ex premier parla a una kermesse organizzata da Marcello Fiori, coordinatore dei club "Forza Silvio" e ormai entrato in quelli che possono essere considerati come i nuovi fedelissimi dall'ex capo del governo. E non è un caso che all'iniziativa non partecipano i big azzurri né parlamentari di rilievo: in platea poche eccezioni, come Polverini, Gasparri e Abrignani.
La smentita di Berlusconi all'ipotesi di una scesa in campo dei suoi figli (in particolare Barbara), dunque, difficilmente sortirà effetti positivi sui malumori per la gestione stessa di Fi, con le voci insistenti che si rincorrono sull'ipotesi dell'addio di uomini chiave come Denis Verdini. Ieri non sono passate inosservate le parola di Claudio Scajola, ex coordinatore azzurro, uomo della prima ora di Fi: «Abbiamo perso appeal» ed è per questo «che bisogna candidare persone di peso». Nessun nome, ma è evidente il riferimento alla possibilità, per ora messa in stand by, di candidare parlamentari – a partire da Raffaele Fitto capolista al Sud – alle prossime elezioni europee.
Del capitolo partito si occupa Giovanni Toti, che in un tweet nega divisioni interne: «Leggo sui giornali Forza Italia, tutti contro tutti! Ragazzi... avete sbagliato pagina, non è il Pd». Ma nonostante le rassicurazioni di Toti la situazione è tutt'altro che tranquilla e il caos intorno alle liste di candidati per le elezioni europee mette in evidenza lo scontro tra la vecchia classe dirigente azzurra e l'ormai famoso cerchio magico attorno a Berlusconi.
È il capogruppo azzurro al Senato Paolo Romani, in un'intervista, ad affrontare il tema delicato dell'"inner circle": «La tesi "Pascale-Toti" contro i duri è inverosimile perché il protagonista dell'accordo con Renzi, l'architetto di quel capolavoro politico che ha rimesso Berlusconi al centro della scena, è proprio quel Verdini che oggi viene descritto come capo dell'ala dura che il cerchio magico vorrebbe sfrattare dal partito». Per Mariastella Gelmini, infine, è «destituita di qualsiasi fondamento» l'ipotesi, riferita da un quotidiano, che Verdini stia pensando di lasciare Forza Italia.
Per il resto nessun colpo di scena per la prima uscita pubblica di Berlusconi dopo lunghe settimane di astinenza dai riflettori. L'ex premier torna sul palco proponendo per oltre un'ora lo stesso canovaccio usato negli ultimi mesi: la magistratura politicizzata e di sinistra, la lotta al comunismo, i 4 colpi di Stato, la necessità di riformare la Costituzione, la Corte costituzionale organo politico, la riconquista di 24 milioni di voti dei delusi, grillini in primis. Nessun accenno alla situazione interna a Forza Italia, nessun annuncio shock per la campagna elettorale delle europee. Quanto al governo in carica, Berlusconi si limita a mandare due frecciatine a Matteo Renzi, pur senza mai nominarlo. La prima è ironica: prende di mira il look casual del premier nella sua conferenza stampa in maniche di camicia a Bruxelles. «In Italia il presidente del Consiglio non ha poteri – scherza Berlusconi –, può solo togliersi la giacca e restare in camicia bianca quando tutti restano con la giacca». La seconda frecciatina è un po' più diretta: «Il cambiamento deve avvenire non andando in Ue a ricevere sorrisini e pacche sulle spalle ma andando decisi e mettendo il veto quando qualcosa non va».
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