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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2014 alle ore 10:12.
L'ultima modifica è del 24 marzo 2014 alle ore 13:50.

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Sostenitori arrestati del deposto presidente Mohammed Morsi. (Ap)Sostenitori arrestati del deposto presidente Mohammed Morsi. (Ap)

Al termine di un maxi-processo, la Corte d'assise di Minya, a sud del Cairo in Egitto, ha condannato a morte 529 sostenitori di Mohamed Morsi, l'ex presidente legato ai Fratelli musulmani deposto nel luglio scorso, e ha inviato il dossier al Gran Muftì d'Egitto, che ha il compito di ratificare le condanne a morte o di respingerle. Sono accusati della morte di due poliziotti, di disordini avvenuti lo scorso agosto e di appartenere a un'organizzazione terrorista.

La pena capitale è stata inflitta a 153 militanti islamisti già agli arresti e a 376 tuttora latitanti. Lo ha riferito una fonte giudiziaria, spiegando che è possibile presentare appello contro le condanne.

I 529 condannati fanno parte degli oltre 1.200 sostenitori di Morsi sotto processo a Minya, 250 chilometri a sud della capitale egiziana. Altri 700 andranno a processo da domani.
Sono tutti accusati di aggressioni e danneggiamenti nel sud dell'Egitto, nei mesi successivi all'intervento del 14 agosto con cui le forze di sicurezza avevano disperso due accampamenti di protesta degli islamisti al Cairo, facendo centinaia di morti. Tra le accuse c'é anche quella di aver compiuto atti violenti che portarono alla morte di due poliziotti a Minya.

Secondo Amnesty International, dall'esplosione di violenza di agosto ci sono stati 1.400 morti in tutto l'Egitto. Lo stesso Morsi è a processo con tre capi di imputazione, tra cui quello di aver incitato all'uccisione di manifestanti quando era ancora in carica come presidente egiziano.

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