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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2014 alle ore 20:52.
L'ultima modifica è del 24 marzo 2014 alle ore 20:56.

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È stata osservata per la prima volta una sostanza microscopica fluida, presente nelle nostre ossa, che le rende flessibili. Questa scoperta potrebbe aiutare a capire il meccanismo che porta all'osteoporosi, malattia che colpisce le persone, prevalentemente di sesso femminile, dopo i cinquant'anni di età.

A riportare la scoperta è la rivista dell'Accademia delle Scienze Americana Pnas, che ha pubblicato un articolo di un gruppo di ricercatori guidato da Melinda Duer dell'Università inglese di Cambridge.

Lo studio mostra che all'interno delle ossa il citrato chimico, un sottoprodotto del metabolismo cellulare naturale, si mescola con acqua creando così un fluido viscoso che oltre a partecipare alla loro formazione, ha la funzione di "ammortizzatore" in caso di urto.

I ricercatori hanno svolto una serie di analisi molecolari ad alto livello per individuare questo citrato che una volta disperso rende le ossa composte solo di fosfato di calcio quindi più dure e con una maggiore probabilità di fratturarsi.

«È la prima volta che facciamo la conoscenza di questo fluido che permette ai minerali presenti nelle ossa di scorrere tra di loro impedendo così il formarsi di grandi e fragili cristalli» spiega Melinda Duer.

«È come se prendessimo due lastre di vetro con in mezzo dell'acqua - continua -. Esse scorrono perché l'acqua forma un cuscinetto. Il cuscinetto sarebbe il citrato e senza di esso tutti i cristalli dei minerali ossei si fonderebbero diventando un grande cristallo fragile agli urti».

Secondo i ricercatori è la perdita o la mancanza di questo citrato a favorire la decalcificazione ossea ossia l'avanzare dell'osteoporosi. Questo studio è il primo di una serie che, messi insieme i risultati, cercheranno di dare presto delle risposte al meccanismo di questa malattia.

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