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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2014 alle ore 18:20.
L'ultima modifica è del 25 marzo 2014 alle ore 18:22.

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Jens Weidmann (Ap/LaPresse)Jens Weidmann (Ap/LaPresse)

Il quantitative easing della Bce non è del tutto escluso. Il "falco" della Banca centrale europea Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e custode severissimo del rigore monetario, ha ammesso in un'intervista alla Mni, che l'acquisto di titoli posseduti dalle banche per contrastare la deflazione «non è fuori questione». Una dichiarazione sorprendente, dal momento che fino a oggi la posizione della banca centrale tedesca sembrava decisamente contraria. Solo giovedì 13 marzo aveva dichiarato che nuove misure non convenzionali avrebbero sicuramente sollevato problemi legali.

«Le misure non convenzionali che stiamo valutando – ha invece detto nell'intervista – sono in gran parte un territorio inesplorato. Questo significa che abbiamo bisogno di una discussione sulla loro efficacia e anche sui loro costi e i loro effetti collaterali. Questo non significa che un programma di quantitative easing sia in generale fuori questione, ma dobbiamo essere sicuri che sia rispettato il divieto del finanziamento monetario» delle politiche fiscali.

In questo senso, è inconcepibile in Eurolandia – come altrove – l'acquisto diretto di titoli di Stato emessi dai governi (sul mercato primario), ma è possibile invece comprarli da banche, investitori e risparmiatori (sul mercato secondario) come è avvenuto nel programma Smp.

Andando anche oltre, Weidmann non ha escluso neanche interventi per evitare un eccessivo rialzo dell'euro. «Se si volessero contrastare le conseguenze sulle prospettive di inflazione di un forte apprezzamento dell'euro, i tassi negativi sembrerebbero una misura più appropriata di altre; ma stiamo parlando – ha aggiunto - di scenari ipotetici, non di decisioni imminenti». Il riferimento è ai tassi sui depositi che le banche lasciano alla Bce, che attualmente sono a quota zero.

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