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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2014 alle ore 06:36.

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ROMA
Favorire le uscite di dipendenti pubblici, anche con il ricorso a prepensionamenti, con l'obiettivo di «ringiovanire la pubblica amministrazione»: è il piano annunciato dal ministro della Pa, Marianna Madia, che intende ricorrere ad una «sana mobilità obbligatoria», per spostare il personale dagli uffici in cui è in sovrannumero a quelli in cui si registrano carenze di organico, nel «rispetto dei diritti del lavoratore, laddove non ci siano degli ostacoli burocratici».
Questi due strumenti saranno attivati per il personale in eccedenza, il ministro considera i ventilati 85mila esuberi «un numero e una terminologia assolutamente sbagliati e distorti anche rispetto al piano Cottarelli». Sono temi che saranno oggetto di un «progetto complessivo sulla Pa» che, ha spiegato il ministro Madia, si occuperà «dell'accesso, della formazione e degli incarichi a termine», e vista la situazione del Paese, «ci potrà essere un contributo di solidarietà che non riguardi solo i dirigenti, ma che deve partire dalla politica». Base di partenza per l'azione di governo la proposta del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd) di un taglio del 6% nel 2014-2016 agli stipendi oltre i 60mila euro l'anno, del 7% per quelli oltre i 70mila euro, e dell'8% oltre gli 80mila. L'ipotesi che sta prendendo quota è di inasprire il taglio sopra gli 80mila euro, per salvaguardare gli stipendi sotto questa soglia. In quest'ottica il governo starebbe valutando, anche su indicazione di Boccia, la possibilità di comprendere il personale di altri enti, dall'Istat alla Banca d'Italia, e di far scattare un taglio secco del 10% sulle consulenze.
Tornando al ministro Madia, non intende partecipare alla polemica sul compenso dell'ad delle Fs Moretti, e sul tetto agli stipendi dei manager precisa: «Ho appena firmato una circolare dove viene esplicitato che nel tetto fissato, debbano essere cumulati anche tutti i trattamenti pensionistici, compresi i vitalizi». E conferma che al rigurado «ci sarà una proposta» del Governo. Con i sindacati il ministro è disponibile a dialogare, ma non secondo i rituali: «Non è detto che ci saranno dei tavoli, perché abbiamo tempi molto stretti». Critica la leader della Cgil, Susanna Camusso: «È in corso una gara tra ministri per spiegare che dal sindacato si accoglie al massimo consigli, ma non una discussione». Polemico anche il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni: «Se il governo non vuole confrontarsi con le parti sociali, ce ne faremo una ragione. Non ci strapperemo le vesti».
Il riordino della Pa desta preoccupazione nel sindacato anche perché, come ha ricordato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, «il 2014 sarà ancora un anno di grande sofferenza, indipendentemente dalle valutazioni sul Pil, la dinamica dell'occupazione continuerà ad essere molto pesante come immancabile coda della crisi». Tuttavia ci saranno anche «dinamiche di ripartenza di alcuni segmenti, il settore metalmeccanico si sta riprendendo». Intervenuto ieri in audizione alla commissione Lavoro dove è iniziato l'iter di conversione del Dl occupazione - relatore Carlo Dell'Aringa (Pd), il 4 aprile è il termine per gli emendamenti - Poletti ha sottolineato che la novità sui contratti a termine (il contratto acausale sale a 36 mesi, potrà avere 8 proroghe invece di una) «creerà occupazione» perché «alla fine l'impresa, se sarà contenta, stabilizzerà il lavoratore. Se invece ci sono sei persone diverse con un contratto di sei mesi è più difficile che un lavoratore resti in azienda». Le misure del Dl hanno ottenuto il consenso del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. «Credo sia un fatto positivo se ci sono apprezzamenti per il lavoro che facciamo», ha commentato Poletti. Che ha confermato un approccio pragmatico: «Non ho nessuna teoria del lavoro, credo che si debbano esaminare con puntualità i fatti, fare delle scelte, monitorarle e se esce una conferma si prosegue, altrimenti si cambia». Sul taglio del cuneo fiscale, Poletti ha confermato che «la scelta per l'aumento di 80 euro in busta paga resta quella annunciata da Renzi, ovvero un intervento sull'Irpef e sulle detrazioni da lavoro dipendente». Il ministro ha confermato l'allarme sulle risorse per la cassa in deroga: «Manca circa un miliardo, se guardiamo alle dinamiche dell'altro anno. Occorre avere garanzie di copertura altrimenti rischiamo problemi sociali».
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35,2%
La consistenza maggiore al Sud Secondo i dati della Rgs nel 2012 la fetta più numerosa di dipendenti pubblici a tempo indeterminato è concentrata nel Mezzogiorno e nelle Isole. Segue il Nord con il 34,8%, mentre il Centro è al 29,7%. Il resto è all'estero
12,6%
Lombardia in testa
È la regione che "pesa" di più in termini di dipendenti pubblici a tempo indeterminato, seguita a breve distanza dal Lazio (12,2%) e dalla Campania (9,1%). Nel 2012 tutte le regioni del Nord, ad eccezione della Liguria, hanno aumentato la loro quota percentuale
55,5%
Le donne
La presenza femminile nel 2012 supera la metà del totale dei pubblici dipendenti a tempo indeterminato. Complessivamente le donne sfiorano gli 1,8 milioni e l'incremento della loro quota percentuale (+0,5% rispetto all'anno precedente) è dovuto sia al maggior numero di assunzioni rispetto agli uomini (circa 5mila in più) sia al minor numero di uscite (circa 17mila in meno)

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