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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2014 alle ore 16:16.
L'ultima modifica è del 28 marzo 2014 alle ore 23:14.

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Abdel Fattah al-Sisi (Afp)Abdel Fattah al-Sisi (Afp)

Mercoledì sera è apparso in divisa per l'ultima volta in pubblico, ad annunciare in tv la sua candidatura presidenziale. Ma Abdel Fattah al-Sisi, 60 anni a novembre, l'uniforme non la toglierà mai del tutto: non durante la campagna elettorale, ancor meno quando governerà - la vittoria è scontata - come mai la svestirono i suoi predecessori Gamal Nasser, Anwar Sadat e Hosni Mubarak.

Perché questo sarà il futuro presidente dell'Egitto: un leader nella continuità storica e politica di chi lo ha preceduto, non la guida di una nuova democrazia. Un generale con la conoscenza e il pieno controllo dello "Stato profondo: l'apparato burocratico e ministeriale, delle imprese pubbliche, del sistema poliziesco, militare e giudiziario, essenziale per governare ogni Paese. Soprattutto l'Egitto e tutte le democrazie imperfette. I Fratelli musulmani e Mohamed Morsi non lo controllavano e hanno perso il potere in un anno.
Il cammino, anzi la marcia da parata verso il potere di al Sisi, è la constatazione della fine della rivoluzione di piazza Tahrir. L'etica di quella rivolta era l'Egitto democratico, liberato dal potere del deep state e con i militari nelle caserme, al servizio e non alla guida del governo e della nazione.

Che la sconfitta di piazza Tahrir sia un male o un bene per l'Egitto, è onestamente difficile da affermare. Fra gli elementi di un possibile giudizio occorre aggiungere l'incapacità dei giovani di passare dalla piazza a una nuova forma di potere, l'avvento e la caduta della fratellanza islamica dimostratasi impreparata al governo, il precipitare della crisi economica, le violenze, l'insicurezza, il terrorismo.

Il problema dell'Egitto è che nemmeno Abdel Fatah al Sisi in grisaglia (ma col cuore in mimetica) potrebbe essere capace di risolvere i giganteschi nodi del Paese. Forse è per questo che sono passati mesi perché al Sisi sciogliesse le riserve su una candidatura data per scontata nel Paese e nel resto del mondo. Sarebbe stato più realistico lasciare che un altro si candidasse, che al Sisi governasse dietro le quinte. Ma forse il feldmaresciallo già comandante in capo delle forze armate, del Consiglio supremo militare e ancora vice-premier, ministro della Difesa e della sua industria, è convinto di avere le stigmate del comando. E' convinto di sapere come salvare l'Egitto.

A prima vista il modello di al Sisi è Napoleone che riportò l'ordine nella Francia rivoluzionaria, imponendo una monarchia imperiale. Potrebbe invece essere de Gaulle, il generale che fece ciò che un militare non avrebbe mai fatto: liberare la Francia dai resti del suo colonialismo, modernizzarla riformandola, affermare la centralità della repubblica. Anche de Gaulle indossava spesso divisa e chepì, senza che questo avesse un significato politico.

In ogni modo, le elezioni presidenziali che dovrebbero svolgersi in estate, dopo il mese di Ramadan tra fine giugno e luglio, non saranno democratiche. Il modello sarà quello del recente referendum sulla Costituzione: ognuno votava come voleva, ma chi faceva propaganda per il no veniva arrestato per sedizione. Sarà difficile trovare concorrenti degni di questo nome. Ai Fratelli musulmani sarà impedito di candidarsi, altre opposizioni organizzate non ce ne sono.

Il solo candidato che per ora si è pronunciato, oltre al Sisi, è Hamdeen Sabahi, intellettuale di sinistra popolare al Cairo e sconosciuto fuori città. L'anno scorso, in un'intervista al Sole-24 Ore, aveva detto che in caso di candidatura di al Sisi, lui avrebbe ritirato la sua. Ma anche se la confermasse, Sabahi è un nasseriano come al Sisi.

L'assenza di effettiva democrazia al voto sarà tuttavia quasi irrilevante. Le elezioni serviranno per dare finalmente all'Egitto una leadership riconoscibile dentro e fuori il Paese. Se al Sisi farà prevalere lo spirito laico o militare della sua presidenza, se farà le riforme necessarie o sarà un populista, se ricucirà l'alleanza con l'America o si farà conquistare da Vladimir Putin come è sembrato in questi mesi, si vedrà più avanti.

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