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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:16.
«Qualunque cosa accada nell'udienza del 28 marzo a New Delhi, noi al processo non andiamo. La posizione italiana è fermissima: niente processo». A ribadire il no secco alla giurisdizione indiana sul caso dei marò è stato ieri l'inviato speciale del governo Staffan De Mistura. Appena rientrato dall'ennesima missione in India De Mistura ha aggiornato il Parlamento – nelle Commissioni congiunte di Esteri e Difesa – sulle iniziative per uscire da una vicenda che si trascina da oltre due anni in una continua escalation.
Oltre al rifiuto del tribunale indiano nel quale non sfileranno i due fucilieri Latorre e Girone la strada che vuole imboccare il Governo è sempre più quella dell'«internazionalizzazione» della vicenda che verrà sollevata oggi con il presidente americano Obama nell'incontro con Renzi a Roma, come richiesto anche dalle commissioni riunite: «Parleremo del caso con Obama, come ne parliamo con la Nato e la Ue. L'obiettivo è arrivare al risultato, poi parleremo delle regole d'ingaggio e degli errori fatti», ha detto ieri il ministro degli Esteri Federica Mogherini.
Ma l'iniziativa internazionale va più in là e «dovrebbe produrre i propri effetti in termini concreti nel giro di un mese», ha spiegato ieri il diplomatico , senza scendere nei dettagli per «evitare che le controparti abbiano elementi eccessivi per poter fare contromosse». Una delle carte che l'Italia ha deciso di giocare – come annunciato la settimana scorsa dal ministro degli Esteri Federica Mogherini – è quella dell'arbitrato internazionale. Una strada con «tempi lunghi» come ha ammesso la stessa Mogherini che comunque lascia ancora qualche spiraglio: «Non siamo a un punto insanabile nella trattativa». Di sicuro c'è che ora la posizione italiana è quella di dire no a un processo in India perché il caso è sempre più «politico», con le elezioni indiane alle porte che non aiutano a
distendere il clima.
A New Delhi si attende intanto la nuova udienza della Corte Suprema, venerdì 28 marzo, che dovrà decidere sul ricorso presentato da Latorre e Girone contro il fatto che sia la polizia antiterrorismo Nia a condurre le indagini sulla morte dei due pescatori indiani, il 15 febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala. Un passaggio, questo, non più decisivo perché se e quando sarà avviato il processo i due fucilieri non si presenteranno in tribunale. E tenerli nell'ambasciata italiana a Delhi – dove ora risiedono – dovrebbe aiutare a internazionalizzare il caso.
Ieri sono comunque piovute le critiche della Lega in commissione Difesa («la nostra credibilità ormai è bassissima»), mentre il gruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera ha depositato una richiesta formale per l'apertura di una commissione d'inchiesta che «faccia luce sulle responsabilità della vicenda ormai divenuta persino imbarazzante»