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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2014 alle ore 06:37.
ROMA.
Si sono dovuti necessariamente concentrare nei venti minuti del colloquio "one to one" tra il presidente americano Barack Obama e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ieri al Quirinale, gli argomenti più delicati nelle relazioni bilaterali tra Italia e Usa. Tra questi la candidatura italiana al posto di segretario generale della Nato e la richiesta Usa di una grazia per l'ex capo della Cia di Milano Robert Seldon Lady condannato dalla Procura di Milano per il sequestro di Abu Omar. Ma l'intesa tra Obama e Napolitano, consolidata negli ultimi cinque anni, si è rivelata talmente forte che neppure questi due dossier hanno turbato il clima di grande comprensione che si respirava ieri nel palazzo del Quirinale tra le delegazioni dei due Paesi.
Sulla vicenda della Nato sembra ormai tramontata una candidatura dell'ex ministro degli Esteri di Berlusconi, Franco Frattini. Né sembra sia stato possibile percorrere ipotesi di candidature alternative, come quelle degli ex premier Enrico Letta e Massimo D'Alema o dell'ex ministro della Difesa Giampaolo Di Paola. Da tempo la strada sembra spianata per sostituire l'attuale segretario generale dell'Alleanza Atlantica, il danese Rasmussen, con l'ex premier norvegese Jens Stoltenberg, sostenuto oltre che dagli Stati Uniti anche dalla Germania. Dovrà essere però la prossima ministeriale Nato di Bruxells a trovare un accordo sul nome del nuovo numero uno della Nato. Se passasse Stoltenberg si tratterebbe del primo segretario generale di un Paese non Ue con un esercito di piccole dimensioni (28mila uomini concentrati nella difesa dell'artico) e solo tredicesimo contributore della Nato. L'Italia, invece, pur essendo quinto contributore della Nato e con 4mila militari in Afghanistan non ricopriva quell'incarico da quando nel '64 venne affidato all'ambasciatore Manlio Brosio. Una rinuncia da parte italiana dovrebbe quindi essere adeguatamente compensata in una logica di "trade off" diplomatico. Il colloquio di ieri tra Napolitano e Obama non era la sede per valutare "compensazioni" di sorta ma il tema rimarrà sul tavolo nei rapporti tra Roma e Washington. L'amministrazione Usa dovrà invece farsi una ragione sulla impraticabilità di una grazia per Robert Seldon Lady ex capo della Cia di Milano condannato a otto anni per il caso della "rendition" di Abu Omar e attualmente negli Usa da dove però non può uscire perché su di lui pende, dopo la condanna, un mandato di cattura internazionale. A differenza del caso del colonnello Usaf Joseph Romano che ha ottenuto la grazia l'anno scorso, per Robert Seldon Lady non ci sarebbero le condizioni per un provvedimento del genere visti anche i limiti obiettivi del potere di grazia del capo dello Stato.
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