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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2014 alle ore 12:15.
L'ultima modifica è del 31 marzo 2014 alle ore 18:01.

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Un'inflazione bassissima. I prezzi di Eurolandia sono saliti, a marzo, del solo 0,5% annuo: solo durante la Grande recessione il costo della vita era stato più lento. Per la Banca centrale europea, che giovedì 3 aprile riunisce il board, è un elemento in più da valutare, con grande attenzione. Perché la previsione di un'inflazione media dell'1% per tutto il 2014 – quella che sostiene l'attuale strategia – sia centrata ora occorrerebbe che l'inflazione fosse pari all'1,1% per ciascuno dei restanti nove mesi dell'anno.

I pochi dettagli del dato flash confermano ancora una volta che la disinflazione non risparmia nessun settore e richiede quindi le attenzioni della Bce. Ha inciso sicuramente la flessione dei prezzi dell'energia, in calo del 2,1% annuo. È un elemento che la banca centrale non dovrebbe prendere troppo in considerazione – questi prezzi sono definiti in ambito internazionale e non rispondono alla politica monetaria – ma la Bce da tempo evita di dare l'impressione di sottostimare la disinflazione a causa di questa componente dell'indice dei prezzi.

Escludendo l'energia, il quadro migliora infatti solo marginalmente: l'indice è in rialzo del solo 0,8%, e anche in questo caso si tratta del valore più basso mai registrato in questa fase di disinflazione. I prezzi dei prodotti industriali (non energetici), che in genere sono quelli più esposti alla concorrenza internazionale, sono aumentati del solo 0,3%; mentre quelli dei servizi, più protetti, sono aumentati a un ritmo più elevato: 1,1%, comunque in frenata rispetto all'1,3% di febbraio.

La Bce ora dovrà valutare due cose. In primo luogo se questi dati ridurranno ulteriormente le aspettative di inflazione. Per la Banca centrale, quelle di lungo periodo restano ancorate all'obiettivo del 2%, e questo è molto importante. Le aspettative di breve-medio periodo, sono però in flessione costante e, quel che importa di più, coinvolgono via via un orizzonte temporale sempre più ampio. Non si può ancora parlare di deflazione, ma prendere precauzioni – anche ulteriori precauzioni – per evitarla non è fuori luogo.

Il secondo aspetto da valutare è quanto questa bassa inflazione freni il riequilibrio di Eurolandia. In un area con un sistema analogo a quelli a cambio fisso, il compito in genere affidato alla svalutazione del cambio viene svolto da prezzi e salari che devono rallentare nei paesi deboli e accelerare in quelli in ripresa. Oggi gli spazi per questo riaggiustamento sono ridottissimi: in Italia i prezzi sono saliti (nell'indice armonizzato Uem) dello 0,3% e in Spagna sono addirittura calati dello 0,2%, mentre in Germania, malgrado la buona saluta dell'economia tedesca sono saliti del solo 0,9%.

Molti analisti si aspettano che giovedì la Bce non faccia nulla. In fondo, l'inflazione di marzo è stata alterata – ricorda Marco Valli di Unicredit in una nota – da diversi fattori temporanei. Tra questi la Pasqua, che quest'anno cade di aprile e non a marzo come nel 2013, e un limitato rimbalzo dei prezzi, dopo i saldi, in Francia. Ad aprile, quando oltretutto i prezzi dell'energia risulteranno in crescita rispetto ai cali del 2013 (un base effect tutto statistico che da favorevole si trasformerà in sfavorevole), l'inflazione potrebbe riprendersi un po'; e la Bce potrebbe voler aspettare per capire meglio le tendenze di fondo della dinamica dei prezzi.

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