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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2014 alle ore 18:57.
L'ultima modifica è del 31 marzo 2014 alle ore 19:00.

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Meno 2,5 per cento. La dinamica delle retribuzioni nel settore della scuola (un milione di occupati, cioè un terzo della Pubblica amministrazione complessiva) è la più negativa di tutti i settori pubblici, che nello stesso periodo (2012 su 2011) hanno invece fatto registrare un aumento dello 0,7% a livello centrale e una flessione dello 0,4% a livello locale.

Il primato negativo della scuola, che per il suo peso specifico contribuisce in modo sostanziale alle variazioni nel costo del lavoro pubblico aggregato, si ripete anche nel lungo periodo: fra 2010 e 2012 le retribuzioni medie della scuola sono cresciute del 29,2%, quindi meno del tasso di inflazione effettivo del periodo (31%), e assai più lentamente rispetto alle "lepri" della Pubblica amministrazione: nel comparto costituito da Regioni e Autonomie locali gli stipendi medi del 2012 erano superiori del 41,6% rispetto a quelli del 2000, negli enti sanitari sono cresciuti del 39,5% e anche il settore privato (36,1%) ha fatto meglio di insegnanti, personale tecnico e collaboratori.

I numeri arrivano dal rapporto semestrale dell'Aran sulle retribuzioni pubbliche. A spiegare l'ulteriore crollo del 2012 è il turn over che, nonostante la carriera quasi "piatta" che caratterizza il mondo dell'istruzione, ha portato al pensionamento dipendenti dalla busta paga meno leggera rispetto a quella che spetta a chi entra. Nemmeno gli interventi "tampone", come quello sul recupero degli scatti che ha rischiato di inciampare nell'obbligo della restituzione dei 150 euro, sono insomma riusciti a rivitalizzare le tendenze di un comparto che continua a chiudere le classifiche italiane degli stipendi, e si mantiene in fondo anche a quelle europee sulle retribuzioni nell'istruzione.

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