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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2014 alle ore 06:36.

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A Mantova la Tasi sull'abitazione principale al 2,4 per mille senza detrazioni è attesa in consiglio comunale il 10 aprile, a Ravenna sale al 2,5 per mille, a Cagliari si è optato per il 2,1 per mille (sempre senza detrazioni), a Modena, a Forlì e Carpi si risale al 2,5 per mille, ma si promettono correzioni, e la stessa aliquota generalizzata del 2,5 per mille si incontra in tanti Comuni medio-piccoli, da Colorno (Parma) a Soliera (Modena): a Iesi (Ancona) l'aliquota è all'1,6 senza sconti, mentre ad Aosta scende all'1 per mille, sempre senza contemplare detrazioni.
Benvenuti nel mondo della Iuc, l'imposta «unica» (ma divisa in tre) «comunale» (ma una parte va allo Stato) che promette di far impallidire subito il record delle 104mila aliquote diverse totalizzate dall'Imu lo scorso anno.
Rincari in vista
Per cominciare a orientarsi nel dedalo delle regole e delle variabili messe in gioco dalle nuove imposte locali, è saggio partire dalla domanda classica di questi mesi: sulla prima casa si pagherà più o meno rispetto all'Imu? Il riferimento, naturalmente, è al conto presentato nel 2012, perché l'anno scorso più del 90% dell'imposta è stato "coperto" dallo Stato, e la risposta oggi suona più o meno così: in molti Comuni, il rischio di rimpiangere la vecchia Imu è concreto, soprattutto per le case di valore medio-basso. Le abitazioni di pregio (anche se non rientrano fra le 74mila considerate «di lusso») sono invece sicuramente al riparo, perché a loro la Tasi chiederà sicuramente meno dell'Imu, a prescindere dalle scelte comunali.
Il problema è ormai noto, e dipende dalle detrazioni che nell'Imu cancellavano l'imposta per cinque milioni di abitazioni principali (più di un quarto del totale) di valore basso e la abbassavano drasticamente per quelle di valore medio, e che invece nella Tasi regolata dalla legge di stabilità sono assenti. Per metterci una pezza, il Governo ha inserito nel decreto legge salva-Roma che sta per approdare in Aula al Senato una regola ereditata dall'Esecutivo Letta, che introduce un'aliquota aggiuntiva (lo 0,8 per mille, da applicare alle abitazioni principali oppure agli altri immobili, altrimenti da dividere fra queste due categorie) proprio per finanziare le detrazioni. La regola, però, ha due problemi, e il primo nasce dal fatto che l'accoppiata tra «super-Tasi» e detrazioni è un'opzione, nel senso che i Comuni possono tranquillamente ignorarla.
Un fatto, però, è certo: l'Imu standard escludeva dal pagamento tutte le case fino a 53mila euro di valore catastale (i cinque milioni di immobili citati prima; con i figli conviventi, grazie agli sconti aggiuntivi, la soglia esclusa si alzava), mentre la Tasi standard chiede qualcosa a tutti. Con 53mila euro di base imponibile, la Tasi all'1 per mille costa 53 euro, ma come accennato all'inizio l'aliquota spesso cresce per far quadrare i conti, e con il 2,5 per mille si arriva a 133 euro. Se il Comune trascura le detrazioni, quindi, i rincari per le case di valore fiscale minore sono sicuri.

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