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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2014 alle ore 21:29.
L'ultima modifica è del 01 aprile 2014 alle ore 22:32.

Londra - «Un consiglio a Matteo ? Non ne ha bisogno, ma nella lotta alla disoccupazione non farei ricorso al public sector». Sollecitato in conferenza stampa, il premier britannico David Cameron, s'è espresso più o meno così sul delicato tema del lavoro dopo il paragone, presentato dal presidente del consiglio Renzi, fra i dati italiani e la realtà economica britannica, fatta di robusta crescita e solida ripresa dell'occupazione.
L'entente cordiale anglo-italiana uscita dalla visita di due giorni di Matteo Renzi a Londra ha, dunque, superato le divergenze ideologiche, confermando una buona intesa fra il capo del governo conservatore inglese e quello "democrat" italiano. All'evidente ammirazione per la success story britannica sul fronte del lavoro, Matteo Renzi ha fatto seguire un impegno espresso con toni e con enfasi che hanno pochi precedenti. «L'Europa va riformata – ha scandito in sostanza il capo del governo italiano – a cominciare dalla burocrazia…un cammino che deve essere fatto con la Gran Bretagna».
L'esigenza di tenere Londra ben stretta all'Unione europea è stata ribadita ripetutamente dal capo del governo italiano. «Non c'è Europa, non c'è una grande Europa senza Londra», ha detto Renzi cercando di gettare un salvagente a David Cameron impegnato in una difficile attraversata. La decisione di indire un referendum sull'adesione all'Unione europea da svolgersi entro il 2017 annunciata dal premier britannico un paio d'anni fa, costringe Londra ad inseguire i partner dell'Ue chiedendo una revisione dei trattati che possa rafforzare l'autonomia britannica nell'Unione e metterla al riparo dalla fuga in avanti dell'eurozona.
Le risposte raccolte fino a ora sono state fra il glaciale e il freddo. Durissimo il francese Hollande, più morbida la tedesca Merkel. Matteo Renzi ha evitato la trappola sulla riforma dei Trattati (che lo ricordiamo costringerebbero l'Ue ad andare al referendum in molti Paesi dove gli eventuali ritocchi andrebbero sottoposti al giudizio popolare) ma ha fatto quanto più possibile per dimostrare a David Cameron la determinazione italiana a tenere Londra nel consesso comune. Riforme in chiave liberale dell'Ue dunque, per tagliare lacci e lacciuoli che la frenano. Enfasi sullo sviluppo per ridare slancio alla dinamica economica con particolare riguardo al single market ancora da completare. Attenzione pertanto a quell'approccio anglosassone alla crescita che per molti versi è in sintonia con la visione di Matteo Renzi.
Londra non poteva sperare di più dalla visita del presidente del consiglio italiano. Certamente non David Cameron, anche se qualche ombra di imbarazzo per il calore italico espresso a un premier conservatore deve averlo creato in Ed Miliband, leader laburista, ovvero della stessa sponda ideologica di Matteo Renzi. L'incontro fra i due c'è stato, in ambasciata, per qualche decina di minuti.
Eccentrica rispetto al passato anche l'attenzione dedicata agli operatori economici. Mario Monti spese ore con gli investitori della City per convincerli dell'affidabilità italiana. In un altro momento storico, Matteo Renzi ha evitato il roadshow limitandosi a incontrare top manager italiani di banche e imprese internazionali. Nelle prossime ore infine – dopo l'annunciato incontro con Tony Blair - si dedicherà a un selezionato parterre di rappresentati delle maggiori istituzioni inglesi a cominciare dalla Cbi, la Confindustria britannica.
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