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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
La cartina dell'Italia cambia faccia. Ma non troppo. Le province scendono dalle attuali 107 a 97, perdono gran parte dei loro poteri e diventano assemblee di sindaci senza indennità. Le altre 10 si trasformano in altrettante città metropolitane (sempre di secondo livello e non retribuite) e acquistano voce in capitolo su trasporti, comunicazione e sviluppo economico. Sono gli effetti più immediati della legge Delrio che è stata approvata ieri in via definitiva dalla Camera e che farà sentire compiutamente i suoi effetti solo a partire dal 2015. Fanno eccezione la proroga dei commissari e dei presidenti in scadenza e l'aumento (senza oneri aggiuntivi) di oltre 23mila poltrone locali che scattano subito.
Avviato con Enrico Letta premier e Graziano Delrio ministro degli Affari regionali, il riordino degli enti di area vasta è giunto in porto dopo che il primo è stato sostituito da Matteo Renzi e il secondo è diventato sottosegretario. Il risultato si è visto. Il nuovo imprimatur politico ha consentito a un Ddl fermo ai box parlamentari da circa tre mesi di incassare, nel giro di una settimana, prima l'ok di Palazzo Madama e poi quello di Montecitorio. Il secondo dei quali si è rivelato quasi una formalità: il testo è passato con 260 voti a favore, 158 contrari e 7 astenuti, senza modifiche e senza fiducia. Soddisfatti per il risultato Delrio che ha parlato di «una riforma vera» e la nuova responsabile degli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, che ha annunciato di voler «creare un tavolo di attuazione con Regioni e autonomie locali per affrontare insieme e gestire nel miglior modo possibile tutti i passaggi previsti dalla legge». Di diverso avviso l'opposizione. Con il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, che l'ha definito «un golpe».
Rinviando agli altri articoli in pagina l'approfondimento sui possibili risparmi, qui proviamo a ricordare i capisaldi dell'articolato. Nel prorogare fino a fine 2014 i 52 presidenti (con relative giunte) che sarebbero tornati al voto in primavera e i 21 commissari che sarebbero scaduti il 30 giugno, in entrambi i casi a titolo gratuito, la legge cambia i connotati alle amministrazioni provinciali. Da un lato, stabilisce che avranno la gestione dell'edilizia scolastica e la semplice pianificazione su trasporti, ambiente e mobilità; dall'altro le trasforma in enti di secondo livello senza indennità e imperniati su tre organi: il presidente, che sarà il sindaco del comune capoluogo; l'assemblea dei sindaci, che raggrupperà tutti i primi cittadini del circondario; il consiglio provinciale, che sarà formato da 10 a 16 membri (a seconda della popolazione) scelti tra gli amministratori municipali del territorio oppure tra i consiglieri provinciali uscenti.
Il passaggio di consegne tra vecchie e nuove province avverrà dal 1° gennaio 2015. Anche se in 13 casi verrà differito. In quattro di questi (Caserta, Imperia, L'Aquila e Viterbo) bisognerà aspettare la primavera 2015 quando scadranno i vecchi organi mentre nelle restanti nove (Campobasso, Lucca, Macerata, Mantova, Pavia, Ravenna, Reggio Calabria, Treviso e Vercelli) ci vorrà il 2016. E sempre nel 2016 le città metropolitane diventeranno 10. Le prime nove (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli) partiranno già a inizio 2015; Reggio Calabria si aggiungerà solo verso la fine dell'anno seguente. A meno che nel frattempo l'esecutivo non decida davvero di dare seguito all'ordine del giorno approvato ieri a Montecitorio che lo impegna ripristinare le norme eliminate al Senato che portavano il loro numero complessivo a 21.
A prescindere da quante saranno realmente, le città metropolitane avranno dei compiti più pesanti rispetto alle province. Si occuperanno infatti della pianificazione territoriale generale – incluse le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture –, dell'organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, della viabilità e mobilità e dello sviluppo economico. Un'altra differenza riguarderà gli organi. Saranno sì di secondo livello e a titolo gratuito ma il sindaco metropolitano potrà eventualmente essere eletto dai cittadini. Solo se lo statuto lo vorrà e lo Stato approverà la relativa legge elettorale.
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