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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2014 alle ore 06:36.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:55.

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Archiviate le Province attuali, bisogna distribuire le funzioni, ma anche i debiti: 10,3 miliardi.
L'addio per legge alle Province che abbiamo conosciuto fino a oggi, infatti, è solo il primo passo del viaggio verso i nuovi assetti locali, che passa prima di tutto dal trasloco delle competenze abbandonate dai nuovi enti «di area vasta». A seconda dei casi, queste attività andranno verso Città metropolitane e Comuni oppure verso le Regioni. Il traffico dei compiti che non rimarranno in capo alle Province alleggerite sarà regolato in più passaggi: entro tre mesi, con un accordo in Conferenza unificata, Stato e Regioni individuano in modo puntuale i compiti da trasferire e la loro destinazione, e nei tre mesi successivi le Regioni saranno chiamate a tradurre in pratica l'intesa.

Insieme ai compiti amministrativi, però, dovranno spostarsi altre due grandezze che probabilmente accenderanno meno appetiti fra gli aspiranti sostituti delle Province attuali, ma che sono un fattore concretissimo nel riassetto degli ordinamenti: i 10,3 miliardi di euro di debiti scritti oggi nei bilanci provinciali, appunto, e il reticolo di società in cui sono presenti le Province. Solo nelle partecipazioni dirette, escludendo cioè quelle di secondo livello partecipate da società provinciali, si contano 850 aziende, che danno lavoro a 57mila persone.
Entro tre mesi, un decreto di Palazzo Chigi fisserà i criteri per individuare i beni finanziari e strumentali necessari al nuovo esercizio delle funzioni, ma sul tema la legge approvata ieri è già chiara: «L'ente che subentra nella funzione – spiega al comma 96 dell'articolo unico – succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso». Debiti e grane, insomma, seguono le competenze nel loro trasloco dalla vecchia Provincia al nuovo titolare.

Il grosso dei debiti, come mostra il censimento del database AidaPa di Bureau Van Dijk sui dati dei certificati consuntivi 2012, è naturalmente nelle Città metropolitane, nelle quali dal 1° gennaio prossimo confluiranno beni e problemi delle Province attuali. Il passivo più grande arriverà a Roma, dove i 773 milioni di debito della Provincia apriranno un nuovo capitolo nella già ricca storia dei debiti del Campidoglio, mentre a Milano la voce debiti si ferma a 710 milioni e a Torino, terza in graduatoria, si attesta intorno a quota 530 milioni. Già la quarta posizione, però, si incontra fuori dalle Città metropolitane, e riguarda i 450 milioni di debito che appesantiscono i conti della Provincia di Brescia, seguita da Cosenza (432 milioni) e Salerno (364). Anche nelle Province più recenti, dove la vita dell'ente intermedio si è rivelata più breve, i debiti ci sono e sono consistenti: a Crotone in meno di vent'anni di attività si sono accumulati 86 milioni di debito (500 euro per ognuno dei 172mila abitanti, quindi in proporzione più del doppio dei passivi di Roma e Milano), e lo stesso è accaduto a Vibo Valentia (85 milioni per 162mila abitanti) oppure, molto più a Nord, a Biella (66 milioni per 186mila abitanti).

Fin qui i problemi dei conti provinciali, ma analoghi se ne incontrano nei bilanci delle società. La Città metropolitana di Milano, per esempio, si dovrà districare nei conti di Asam, la holding della Provincia che tra il 2011 e il 2012 ha perso 295 milioni, ha visto crescere i debiti a quota 271 milioni e dimezzarsi il capitale da 666 a 329 milioni (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Napoli, invece, sarà chiamata a gestire la Ctp (trasporti), che nel 2010-2012 ha bruciato 75 milioni.
Con i compiti, infine, viaggerà anche il personale, che però si vedrà mantenere stipendio (tabellare e accessorio) e anzianità di servizio maturata in Provincia. Ovvio che per gestire il tutto bisognerà riaggiornare i vincoli finanziari e i tetti di spesa degli enti che si accaparreranno le funzioni.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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