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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2014 alle ore 06:37.

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ROMA.
«Secondo le nostre informazioni, in Nordafrica ci sono tra 300 e 600 mila persone in attesa di transitare nel Mediterraneo» ha detto ieri a Palermo il ministro delll'Interno Angelino Alfano. Anche l'Unhcr e la Fondazione Migrantes hanno già fatto stime simili. Ma l'allarme sull'ondata degli sbarchi non può essere di ieri. I dati del Dipartimento di pubblica sicurezza, diretto dal prefetto Alessandro Pansa e periodicamente sul tavolo del ministro dell'Interno, sono eloquenti. Gli sbarchi al 27 marzo 2014 ammontano a 10.975 persone. Nello stesso periodo dell'anno scorso sono stati 843. E deve ancora arrivare la bella stagione. In un recente fine settimana sono approdati in Sicilia circa 5mila persone.
L'esodo, quasi tutto in partenza dalle coste libiche, è impetuoso e inarrestabile. Arrivi da Mali, Gambia, Eritrea, Siria. Da gennaio, ogni giorno; anzi dall'anno scorso, sempre di più. Scoppiano i centri di accoglienza: nel Cara (centro di assistenza richiedenti asilo) di Mineo (Catania) 3.800 migranti per 3mila posti; a Bari, 1.477 presenze su una capienza di 1.216; a Crotone 1.513 effettivi contro una disponibilità di 1.370. Il ministero dell'Interno ha sollecitato le prefetture ad attivarsi per l'accoglienza, oltre quella gestita dallo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che fa capo agli enti locali. Un lavoro continuo mentre le risorse finanziarie si assottigliano e si esauriscono. Il ministero dell'Economia dovrebbe anticipare 50 milioni ma ne serviranno il triplo, se non di più. Altri oneri arrivano dalla missione Mare Nostrum del ministero della Difesa. Il lavoro coordinato dal capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, svolto dalla Marina militare e dalle altre forze in campo, è apprezzato da tutti. Costa circa 9,5 milioni al mese ma il problema più grave è un altro.
Nelle discussioni a Bruxelles gli altri membri Ue accusano l'Italia di essere diventata con Mare Nostrum pull factor di immigrazione, un fattore che favorisce se non addirittura incentiva i flussi di migranti. In realtà l'Italia si accolla i compiti di salvaguardia e salvataggio delle vite umane che spetterebbero a tutti gli Stati affacciati sul Mediterraneo. Dice Alfano: «Non è una questione solo italiana. Ci batteremo perché questa frontiera venga difesa. C'è lo strumento, si chiama Frontex, e va potenziato. Se non si difende la frontiera non si risolve il problema degli sbarchi». Intanto ingrassano i conti dei trafficanti di esseri umani, oggi sempre di più e sempre più ricchi. In Libia, soprattutto, dove la crisi politica ed economica spinge a lucrare sul business più facile e spietato, quello delle partenze dei disperati. Sono ormai lontani i tempi in cui gli accordi internazionali tra le forze dell'ordine consentivano di ridurre al minimo i viaggi dei migranti. L'Unhcr ha sollecitato il governo a rafforzare la pianificazione dell'accoglienza, proprio in virtù delle difficoltà finanziarie e organizzative in crescendo. L'emergenza sbarchi solleva una polemica politica vecchia di anni: ieri è insorta la Lega, che collega gli esodi con l'abolizione del reato di clandestinità.
Il rischio di una grande emergenza immigrazione, inoltre, è già stato rappresentato a palazzo Chigi. E il viceministro all'Interno Filippo Bubbico lavora a una riduzione dei tempi di permanenza nei Cie (centri di identificazione ed espulsione). Tutti temi ad alto potenziale esplosivo politico a ridosso del voto europeo. Mentre resta inspiegabile il fatto che il vertice del Dipartimento libertà civili e immigrazioni del Viminale sia ancora vacante da oltre tre mesi, quando il prefetto Angela Pria ha lasciato per approdare alla Corte dei Conti.
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