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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2014 alle ore 13:35.

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Fabian Cancellara (LaPresse)Fabian Cancellara (LaPresse)

E così Spartacus, al secolo Fabian Cancellara, entra anche nella storia del ciclismo. A suo modo è infatti un grande gladiatore: e con la sua terza vittoria al Giro delle Fiandre, lo svizzero ha una poltrona di prima fila nel Pantheon della corsa eguagliando Achille Buysse, Eric Leman, Johan Museeuw e Toom Boonen. Tutti belgi. Poi c'è un altro campione ad aver fatto tris nella corsa dei Muri. È un italiano d'altri tempi, Fiorenzo Magni, il mitico Leone delle Fiandre che negli Anni Cinquanta legò per sempre il suo nome a questa classica del Nord che precede la Parigi-Roubaix e la Liegi- Bastogne- Liegi. Ma questa è un'altra storia che si perde nella notte dei tempi, quando gli italiani in cerca di fortuna migravano in Belgio con le valigie di cartone per andare a lavorare come minatori o come camerieri.

Anche Fabian Cancellara, che in totale ha firmato sette classiche monumento (3 Fiandre, 3 Roubaix e una Sanremo), ha una storia da emigrante. Le sue radici sono lucane, e lo si vede dalla feroce determinazione con cui prepara le corse. «Sì, è vero, non lascio nulla al caso», dice lo svizzero che questa volta ha vinto come un velocista puro, precedendo allo spint tre corridori fiamminghi, , tutti e tre preceduti dal prefisso "Van" che per la cronaca è giusto ricordare (Van Avermaet, Vanmarckee e Vanderbergh).

«Al traguardo c'erano tutti i miei familiari e non volevo deluderli», racconta Cancellara. «Ho cercato di rimanere freddo, lucido. In questi casi conta l'esperienza. Sentivo di avere le gambe stanche e anche uno sforzo in più poteva giocarmi contro. Certo, avrei preferito arrivare al traguardo da solo, e alzare la bici come nel ciclocross, ma quando si vince bisogna sapersi accontentare...», conclude Spartacus che adesso, con decisione, fa un pensierino alla prossima Parigi-Roubaix. «Se vincessi, sarebbe il massimo. Farei poker come Tom Boonem e Roger de Vlamenink».

Insomma, Spartacus non molla. Anzi, proprio perchè sa che il film della sua carriera è vicino ai titoli di coda, cerca di non perdere le ultime occasioni che poi generano rimpianti. Uno di questi è freschissimo, e cioè quello dell'ultima Milano-Sanremo, quando arrivò secondo dietro il norvegese Kristoff. «Sì, quella è stata una occasione persa. Ma pazienza. Avevo corso bene, ma alla fine lui aveva qualcosa in più».

Non sempre si può vincere. Vecchia regola dello sport. I grandi campioni sanno che su una sconfitta non ci si può fermare troppo. Capire dove si è sbagliato, va bene, ma poi bisogna ripartire per cercare di vincere la prossima.

«Sì, chi si ferma è perduto. È una legge che vale in qualsiasi disciplina, e in particolare una di fatica come il ciclismo. A volte si lavora tanto, ma poi basta un dettaglio a farti perdere tutto. Fortunatamente, a volte succede anche il contrario. Cioè che capita di vincere grazie agli errori altrui...».

Perle di saggezze del nostro Spartacus delle due ruote. Cui non sarebbe dispiaciuto, in questa scia favorevole, provare a lanciarsi nel record dell'ora. Da tempo, da quando sono stati cancellati i primati stabiliti su bici speciali (Moser, Boardman), il record appartiene al ceco Sosenka che raggiunge i 49km e 700 metri nel luglio 2005 a Mosca.

Un primato a portata di Cancellara. Ma c'è un problema. Vale a dire che l'Unione ciclistica internazionale non ha ancora deciso con quali regole si può fare (bici tradizionale o speciale?). In questa incertezza il buon Spartacus, che non ha più tempo da perdere, preferisce concentrarsi su altri traguardi, magari ugualmente impegnativi ma senza bastoni regolamentari tra le ruote. Il tempo passa in fretta. Perchè buttarlo via?

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