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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:57.

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ROMA - L'assemblea dei soci di Acea si svolgerà il 5 giugno come deciso dai vertici dell'utility capitolina guidata da Paolo Gallo. La linea del sindaco di Roma, Ignazio Marino, che puntava ad anticipare l'assise prima delle elezioni europee non è passata. Ieri, infatti, la terza sezione civile del tribunale di Roma (presieduta da Francesco Mannino) ha respinto l'istanza presentata dal Campidoglio dichiarando il «non luogo a procedere» sulla domanda di convocazione dell'assemblea e inammissibile la richiesta di anticipazione formulata dal Comune. Nessuna nota ufficiale è arrivata dall'utility capitolina dove comunque la decisione è stata accolta come una conferma della bontà delle scelte assunte dagli amministratori nel pieno rispetto della legge. Mentre il sindaco Marino ha provato a vedere il bicchiere mezzo pieno nonostante il verdetto sfavorevole. «La decisione di oggi (ieri, ndr) da un lato prende atto che dopo il nostro ricorso finalmente l'assemblea è stata convocata, esattamente come da noi richiesto, dall'altro conferma il chiaro atteggiamento dilatorio degli attuali vertici della multiutility».

In realtà, le quindici pagine firmate da Mannino non esprimono, come rilevato anche da Piergaetano Marchetti - che, insieme ad Andrea Zoppini, ha assistito Acea nella querelle con il sindaco - alcun giudizio di merito sulla data individuata dalla società, ma si limitano a sottolineare, in astratto, che un'eventuale fissazione dell'adunanza «oltre il termine di 30 o 40 giorni (dall'istanza dei soci, ndr)» è comunque ammissibile purché adeguatamente giustificata. I giudici, poi, hanno smontato le ulteriori richieste presentate dal Comune, ritenendo inammissibile anche la domanda, riformulata dai legali del sindaco in sede di udienza, di "scindere" l'assise, con una nuova data in cui si discuta dei soli argomenti (snellimento del board, nomina del cda e del presidente, riduzione dei compensi) chiesti dal sindaco. La cui prima missiva (quella del 3 marzo), ha fatto osservare il tribunale, non rappresentava «un'autonoma richiesta di convocazione», che si palesa soltanto con la diffida del 25 marzo, «ma un'istanza di integrazione dell'ordine del giorno». Rispetto alla quale, ha rilevato ancora Mannino, non esiste alcun automatismo: agli amministratori o ai sindaci è sempre consentita una valutazione sulla forma e sui contenuti (come hanno fatto i vertici di Acea, muovendosi quindi in linea con le norme esistenti, con la richiesta al sindaco di ulteriori ragguagli sui temi da porre al vaglio dell'assemblea).

I riflettori sono puntati ora sull'assemblea del 5 giugno. Non è comunque da escludere che nei prossimi giorni possa esserci un nuovo incontro tra Marino e il principale socio privato di Acea (Caltagirone) che, come i francesi di Suez Environnement, non ha nascosto la sua contrarietà per la manovra del sindaco. L'offensiva, però, lascia perplessi anche altri azionisti. «La notizia della vittoria di Acea - ha spiegato al Sole 24 Ore, Lupo Rattazzi che, con GL Investimenti, di cui è socio anche Giovanni Malagò, detiene l'1,6% della società - è positiva per la società. L'azienda ha tutto da perdere se Roma Capitale andrà avanti con la sua azione, ma mi auguro che ci sia spazio ora per una riflessione di tutti gli attori in campo affinché si persegua il bene dell'azienda che non coincide con la rimozione, avversata anche dal mercato, dell'ad Gallo». Quest'ultimo sta proseguendo il road show per far conoscere il piano industriale, illustrato nei giorni scorsi anche ai fondi esteri, inclusi i norvegesi di Norges Bank, che seguono con attenzione le mosse del sindaco.

Ieri, poi, anche l'opposizione in Campidoglio ha tuonato contro Marino. L'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha parlato di «brutta figura nazionale e internazionale», auspicando che «non ci siano altre forzature del sindaco fino a giugno». Mentre Fabrizio Ghera (Fratelli d'Italia) ha stigmatizzato come «irresponsabile» l'atteggiamento del primo cittadino. Ma anche l'ex capogruppo Pd in Comune, Umberto Marroni, ha criticato Marino definendo «confusa e inutile» la querelle giudiziaria.

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