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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2014 alle ore 07:08.
L'ultima modifica è del 09 aprile 2014 alle ore 07:08.

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(Afp)(Afp)

L'idea di un salario minimo anche per l'Italia ha fatto capolino la scorsa settimana, quando il viceministro dell'Economia Enrico Morando, a Cernobbio, l'ha messa sul tavolo al workshop Ambrosetti. Una piccola apertura, dopo che il Governo tedesco ha deciso di introdurre la paga minima per legge a partire dal 1° gennaio 2015. Ora in Europa sono 21 gli Stati che possono contare sulla retribuzione minima legale. Rimangono fuori: Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia. E l'Italia.

La proposta ha subito riacceso il dibattito sull'opportunità di dotarsi dello strumento. A ben vedere non è tutto oro quello che luccica. Il salario minimo va studiato e applicato seguendo criteri precisi, altrimenti c'è il rischio di produrre effetti distorsivi sul mercato del lavoro.

La regola del 60%
«Gli effetti negativi dipendono innanzitutto dal suo livello in relazione ai salari in vigore nel Paese», spiega Silvia Spattini, ricercatrice di Adapt. Alcuni economisti, continua la ricercatrice, ritengono che quando il salario minimo corrisponde al 60% del salario "mediano"( cioè quello percepito dai lavoratori che si trovano al centro della distribuzione dei salari) deve accendersi un campanello d'allarme: gli effetti negativi sull'occupazione sono assicurati.

Insomma, se il salario mediano in un determinato Paese equivale a 10 euro all'ora, un salario minimo equivalente a 6 euro/l'ora può essere controproducente. Non è un caso che questo indice negli Usa e in Giappone sia del 38% e nei principali Paesi europei si attesti sotto al 50%. Il caso Lussemburgo spiega bene questo meccanismo. «Qui infatti - dice Spattini - nel 2012 si registrava il salario minimo più elevato in Europa, con 10,41 euro, comunque corrispondente "solo" il 42% del salario mediano, inferiore per esempio all'indice della Spagna (44%)».

La regola del 60% , secondo gli economisti, dovrebbe tutelare una corretta redistribuzione del reddito ma va anche armonizzata con gli ammortizzatori sociali esistenti. Una indennità di disoccupazione eccessivamente elevata, per esempio, potrebbe indurre il lavoratore a scegliere di non lavorare. Un altro rischio insito nell'istituzione del salario minimo è il fatto che potrebbe deprimere al ribasso le retribuzioni della contrattazione singola; oppure fare in modo che parte dell'occupazione cada nel sommerso.

Il caso Germania
Tornando alla Germania, continua Spattini: «È stato calcolato che due terzi dei lavoratori che beneficeranno dell'introduzione del salario minimo siano donne, attualmente 3,42 milioni di lavoratrici hanno retribuzioni inferiori agli 8,50 euro all'ora, mentre 1,83 milioni sono uomini. Geograficamente, l'impatto maggiore si registrerà all'Est, dove il 24% dei lavoratori guadagna meno di 8,50 euro all'ora, contro il 14% dei lavoratori nell'Ovest. In generale, i lavoratori che vedranno aumentare la loro retribuzione saranno prevalentemente occupati nel settore dei servizi (alberghi e ristoranti, commersio al dettaglio e altri servizi), donne, residenti nell'Est e con una età inferiore ai 25 anni».
I detrattori del salario minimo, commenta la ricercatrice, sostengono che «uno degli effetti negativi più rilevanti potrebbe registrarsi sull'apprendistato e sulla formazione dei giovani. Il salario minimo è applicato dai 18 anni, a esclusione degli apprendisti. Si teme che gli studenti preferiscano abbandonare o rinunciare alla formazione in apprendistato e scegliere lavori non qualificati e senza formazione, ma con il salario minimo, rischiando di danneggiare la loro occupabilità futura. A questo proposito qualcuno propone di incrementare il limite di età dell'applicazione del salario minimo da 18 a 23 anni, per evitare l'effetto spiazzamento sull'apprendistato». E se non si intende rinunciare all'introduzione del salario minimo? «Il suggerimento - conclude Spattini - è quello di partire con importi bassi per verificare l'impatto dell'introduzione sul mercato e solo successivamente, nel caso, incrementarlo se le evidenze non lo sconsigliano».

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