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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 14:00.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:00.

«Da italiano credo nell'Italia, non ci sto a concepire il mio futuro fuori, io stesso voglio essere un'opportunità per il mio Paese. Se Mazzini non avesse creduto nell'Italia, forse l'Italia non ci sarebbe neppure». Paolo Dominici frequenta l'istituto tecnico commerciale Carlo Denina di Saluzzo, mi segnala che legge ogni giorno Il Sole24 Ore, ma soprattutto ha voglia di dirmi una cosa. «Direttore, lei ci ha chiesto di interrogarci sui nostri talenti e di non risparmiarci nello studio, di vivere un impegno civile e di sporcarci le mani con la politica, ecco noi ci siamo, forse non lo sa, noi ci siamo e siamo in tanti». A fianco di Dominici c'è una ragazza del liceo Silvio Pellico di Cuneo e intorno giovani di Parma, Carrara, Trento, Gorizia, Chieti, Lecce, Enna. C'è chi si presenta («il mio liceo è il Giulio Cesare di Roma») e chi fa inviti («Viene al liceo scientifico Pacinotti a Spezia?»). Un'altra voce continua a sorprendermi: «Se non ci coalizziamo noi, se non ripartiamo noi, mi creda, non riparte il Paese. Si sono persi il valore della cultura e le ragioni nobili della politica, dobbiamo ritrovare l'ideale e dobbiamo soprattutto crederci».
Confesso di essere venuto al Borgo La Bagnaia, all'appuntamento annuale dell'Osservatorio Giovani-Editori, temendo di annoiarmi e mi sono ritrovato circondato di ragazzi e ragazze che volevano parlare di itinerari di lavoro, di scuola e università, ma anche di voglia di sporcarsi le mani con la politica, di democrazia e di giornalismo senza mai rinunciare a sorprendere. Penso alla studentessa del liceo Enrico Fermi di Salò che si rivolge a Jill Abramson, prima donna a dirigere il New York Times, e le domanda se non ha avuto almeno il dubbio di speculare su una tragedia per il filmato appena trasmesso che assomiglia a una fiction ma racconta la storia (vera) di tre vite di sciatori esperti travolte da una valanga sui fuoripista di Stevens Pass. I ragazzi di Bagnaia mi sono piaciuti. Sto andando via, si avvicina Federico Iori, quarto anno al liceo scientifico Spallanzani di Reggio Emilia, ha qualcosa da chiedere e lo fa a voce bassa: «Direttore, è fondamentale che gli adulti credano in noi, se sono loro a dirci che dobbiamo andare via come possiamo avere fiducia nel nostro futuro e nel nostro Paese?». Bravo, Federico, hai detto la cosa giusta. Ogni volta che sento qualcuno parlare di fuga di cervelli mi arrabbio perché la verità è che tanti (troppi) dei nostri ragazzi vanno a vivere e lavorare dove ritengono di poter vivere e lavorare meglio e, cioè, non in Italia. Il punto è che noi dobbiamo essere capaci di convincerli del contrario. Con i fatti, non a parole.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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