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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2013 alle ore 14:00.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:00.

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«Io sono il libraio» dice Diego Ebbi, accogliendomi in via Marangoni, a Mantova, sull'uscio della sua libreria. Entro, mi ritrovo in mano due piccoli testi consegnati da Marina, moglie di Diego, e la scena si ripete, stesso lampo negli occhi, identico orgoglio: «Direttore, mi presento, io sono la libraia». Li osservo con curiosità, sono alla terza generazione lato di lei, i Di Pellegrini, una famiglia di origini pontremolesi, che dà il nome alla libreria dal 1920 e alla neonata casa editrice. Guardo Marina e Diego, una laurea a testa, e mi viene voglia istintivamente di "annusare" i libri, toccarli, sfogliarli, c'è un qualcosa di piccolo ma unico che ti fa sentire immediatamente a casa. Mi viene in mente Marcello Ciccaglioni, libraio indipendente a Roma (Arion) partito cinquant'anni fa con una bancarella in Piazza Esedra e un cliente affezionato, il giudice Vittorio Occorsio, che troverà per lui i locali della prima libreria moderna in viale Eritrea, a pochi passi da casa sua in via Mogadiscio dove finirà ammazzato da un commando di Ordine Nuovo. Risento le sue parole: «La gente deve sostare in libreria, avere il tempo di stringere un libro nelle mani, confrontarsi, parlarsi, direi un luogo da vivere perché è vero che oggi un libro si può comprare con un clic da casa ma se lo si tocca prima di scaricarlo dal computer, se si ascoltano i consigli del libraio, si sceglie meglio». Sono passato da lui, qualche giorno fa, mi ha voluto informare delle sue letture: «Il senso di una fine, il romanzo di Julian Barnes, e Mandami tanta vita di Paolo Di Paolo». Poi, si ferma un attimo, e cita una poesia di Dylan Thomas: «Io vado avanti quanto dura il sempre». Umberto Saba diceva che la libreria «è un buco con un genio dentro», oggi forse non è più così, ma è anche vero che molte cose si comprendono davvero solo se si entra in quei «luoghi da vivere» che ancora resistono, per fortuna, da un capo all'altro del Bel Paese e custodiscono un pezzo di futuro della cultura italiana. Penso a Franco Lagiannella a Milano e ai Fogola a Torino, ai Laterza a Bari e ai Guida a Napoli, ma penso anche a Alberto Galla a Vicenza, Sovilla padre e figlio a Cortina, Giorgio Pignotti ad Ascoli Piceno, Maurizio Guagnano a Lecce e tanti (tanti) altri ancora. Ricordo i week end di un po' di anni fa passati tra una libreria e l'altra, a Roma o su e giù per l'Italia, in compagnia di mio figlio, con il solo gusto di "annusare", scovare ciò che più interessa, felice tra piccole (improvvise) passioni e la pace del silenzio. Ogni tanto ritorno nei"nostri luoghi" e scopro che qualche libreria e il suo libraio non ci sono più. Sento che si è spenta una luce e nessuno potrà riaccenderla.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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