Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2014 alle ore 11:57.
L'ultima modifica è del 08 aprile 2014 alle ore 12:01.

My24

TOKYO - Negli ambienti colti giapponesi ha fatto scalpore la recente scoperta di un ritratto a olio del primo giapponese venuto in Italia: Ito Mancio, un principe del Kyushu che fu il leader di una delegazione di quattro giovani nobili nipponici inviata in Europa dal Padre Visitatore gesuita Alessandro Valignano (nota in Giappone come "Ambasciata Tenshou", dal nome dell'epoca in cui si svolse: il viaggio durò dal 1582 al 1590).

Paola Di Rico della Fondazione Trivulzio, in un articolo per "Trivulziana" ha dato conto nei dettagli della sua scoperta e delle ragioni dell'attribuibilità del dipinto (54 cm di altezza per 43 di larghezza, con il soggetto riprodotto di tre quarti, per metà della figura) a Domenico Tintoretto (Venezia 1560 - Venezia 1635), figlio ed erede artistico del pittore Jacopo Robusti, detto appunto Tintoretto (Venezia 1519 - Venezia 1594). Di Rico, nel riordinare una collezione privata, aveva trovato questo quadro di un giovane dai tratti orientali, con l'iscrizione "Mansio" sul retro, ed effettuato poi ampie ricerche.

Il preside della facoltà di lettere dell'Università di Tokyo, Shigetoshi Osano (grande conoscitore della cultura italiana), si è fatto interprete di un sentimento diffuso esprimendo la speranza che il dipinto possa in futuro essere ammirato in Giappone, al pari di quando accaduto quest'anno per il grande ritratto realizzato da Archita Ricci (Galleria Borghese) del primo ambasciatore ufficiale giapponese in Europa, Hasekura Tsunenaga, inviato (una trentina di anni dopo Mancio) dal daimyo di Sendai, Date Masamune (il dipinto è stato esposto prima nel capoluogo del Tohoku anche come testimonianza di solidarietà italiana per le vittime dello tsunami del 2011,e poi al Museo Nazionale di Tokyo). "Ci farebbe davvero molto piacere, se fosse possibile invitare in Giappone il ritratto appena scoperto di Ito Mancio, icona delle antiche relazioni con l'Italia - dice il prof. Osano - L'attribuzione a Domenico Tintoretto appare fondata E questo ritratto di un importante pittore della scuola veneziana sa impressionarci oggi, mostrandoci l'inviato giapponese come una persona viva, reale e con un tocco di innocenza nello sguardo".

L'idea della trasferta in Giappone piace all'Ambasciatore Domenico Giorgi che - interpellato sull'idea di promuoverla, magari in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'apertura delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi - afferma: "Sarebbe un'eccellente idea". C'è però una differenza rispetto all'opera del Ricci. "Il ritratto appartiene a una collezione privata per cui bisognerà vedere se la famiglia che ne è attualmente proprietaria sarà disponibile a rendere pubblica quest'opera d'arte di cui si conosceva l'esistenza ma che mai era stata trovata". Furono le autorità della Repubblica di Venezia a commissionare i dipinti dei giovani orientali per commemorare la loro visita alla città. Per la verità, Venezia aveva dei dubbi sul reale status dei principi del Kyushu (in Europa era diffusa in vari ambienti la malignità che la missione, sostanzialmente celebrativa dei nuovi successi del cattolicesimo in Asia, potesse trattarsi di una montatura dei gesuiti), ma dopo le accoglienze che avevano ricevuto nella Penisola iberica e a Roma il prestigio della Repubblica di San Marco aveva richiesto che gli inviati dei tre "re" cristiani del Kyushu (i signori feudali - daimyo - Otomo Sorin, Omura Sumitada e Arima Harunobu) fossero ricevuti con grandi onori anche in laguna. E' possibile che la commissione dei ritratti fosse originariamente andata al vecchio Tintoretto. Secondo lo storico dell'arte Sergio Marinelli, lo stile è coerente con quello dei dipinti del figlio Domenico. Del resto, analisi tecniche hanno indicato che il collare è stato ridipinto secondo una moda diffusasi dopo la morte del padre.

Per lo Yomiuri Shimbun l'ambasciatore Giorgi ha scritto: "Un quadro di pregevole fattura, che si riteneva irrimediabilmente perduto, e' stato ritrovato in una collezione privata italiana. Opera di Domenico Tintoretto, il ritratto venne eseguito a Venezia, dove i quattro giovani soggiornarono nel corso del viaggio che li porto' in molte altre citta' italiane: da Pisa a Genova, passando per Roma, Firenze, Assisi, Bologna, Milano ed altre corti del Paese. Di questa missione rimangono importanti documenti e reperti che confermano, ancora una volta, come il patrimonio storico e culturale italiano rappresenti la testimonianza principale delle prime presenze giapponesi in Europa. E tra queste, il ritratto di Ito Mancio ne diventa simbolo ed icona, cosi' come per la raffigurazione di Hasekura Tsunenaga, samurai di Sendai, esposta al Museo Nazionale di Tokyo".

Il primo marzo 1585 la delegazione sbarcò a Livorno (dopo le tappe in Portogallo e Spagna seguite al periplo dell'Africa). Una narrazione segnala che Bianca Cappello, l'amante e poi moglie veneziana del Granduca di Toscana Francesco de' Medici, volle incontrare subito quegli esotici principi orientali. Con curiosità tutta femminile, interrogò immediatamente Ito Mancio sulla fattura degli splendidi kimono indossati dai giapponesi. Il primo dialogo bilaterale italo-giapponese, insomma, riguardò tessuti e moda: quasi un presagio di quanto ancora oggi rappresenta probabilmente il più intenso punto di relazione tra i due Paesi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi