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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2014 alle ore 13:06.
L'ultima modifica è del 09 aprile 2014 alle ore 13:41.

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Con la decisione di oggi della Consulta cade anche il divieto di fecondazione eterologa. È solo l'ultimo mattone di una legge, la 40 del 2004, smantellata pezzo a pezzo da decine di sentenze. Complessivamente, tribunali civili, tribunali amministrativi regionali e la Corte Costituzionale si sono pronunciati già 30 volte sul testo in generale o su articoli e commi specifici, come riporta l'associazione Coscioni. In 10 anni la legge 40 che regola la procreazione medicalmente assistita in Italia ha già visto per 28 volte l'intervento dei tribunali (con oltre 20 "bocciature") e la riscrittura di alcune sue parti con sentenza della Corte Costituzionale.

Nel maggio 2004, appena due mesi dopo l'entrata in vigore della Legge 40, il tribunale di Catania negò il diritto ad eseguire la diagnosi preimpianto a una coppia portatrice di betatalassemia. Un mese dopo, il tribunale di Cagliari consentì a una coppia di effettuare un'interruzione di gravidanza, con riduzione embrionaria, ottenuta con tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma), affermando che non vi è differenza tra gravidanza da Pma e gravidanza naturale.

Nel 2005, ancora il tribunale di Cagliari sollevò la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13 della legge nella parte in cui non consente di accertare, mediante la diagnosi preimpianto, se gli embrioni da trasferire nell'utero della donna che si sottopone a Pma siano affetti da malattie genetiche. Ma nel novembre 2006, la Corte costituzionale dichiarò manifestamente inammissibile la questione, senza entrare nel merito delle motivazioni. Nel 2007, il Tribunale di Cagliari e quello di Firenze hanno consentito l'accesso alla diagnosi preimpianto a due coppie. Nel 2008, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio annulla per eccesso di potere un passaggio delle Linee guida emanate dal ministero della Salute sulla Legge 40 in quanto ritenuto non coerente con quanto previsto dalla legge stessa. In questo modo, il Tar conferma quanto già scritto nella norma che prevede possano essere effettuate indagini cliniche diagnostiche sull'embrione.

Risalgono allo stesso anno due ordinanze del Tribunale di Firenze relative all'articolo 14, commi 1-2 e 3 della legge, relativamente al divieto di crioconservazione degli embrioni soprannumerari, alla necessità di creazione di un numero massimo di tre embrioni e all'obbligo di impianto unico e contemporaneo di tutti e tre i suddetti embrioni. Il 1 aprile del 2009, una sentenza della Consulta dichiara l'illegittimità costituzionale proprio dell'articolo 14 commi - 2 e 3 della Legge 40, cancellando il limite dei tre embrioni e l'obbligo di impianto contemporaneo di tutti gli embrioni prodotti.

Dopo i pronunciamenti dei tribunali di Milano e Bologna, ancora nel 2009, si arriva al 2010 con due ordinanze del tribunale di Salerno che consente alla coppia ricorrente di accedere alla diagnosi preimpianto e di vedere impiantati solo gli embrioni che non presentassero mutazioni genetiche. In particolare, l'ordinanza ha un rilievo particolare perché per la prima volta viene riconosciuto alla donna «il diritto al figlio...».

Nel 2010 seguiranno altre sentenze dei Tribunali di Firenze e Catania; nel 2011 si pronuncia solo una volta il Tribunale di Milano. Nel 2012 arriva invece l'ordinanza 150 della Corte costituzionale che riunisce i procedimenti dei tribunali di Firenze, Catania e Milano che basano il dubbio di legittimità costituzionale formulato sul divieto di fecondazione eterologa sia sulla violazione della Costituzione sia su una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Nelle motivazioni della Corte si legge che la cancellazione del divieto di fecondazione eterologa nel nostro ordinamento non crea vuoto normativo.

Nell'agosto dello stesso anno, la Corte europea dei diritti dell'uomo condanna l'Italia per violazione dell'articolo 8 della Cedu (Convenzione europea dei diritti umani) e a un risarcimento della coppia ricorrente, portatrice di fibrosi cistica, per il negato accesso alla diagnosi preimpianto. Nel novembre del 2012, il tribunale di Cagliari stabilisce che, in caso di impossibilità da parte di una struttura pubblica di fornire l'assistenza necessaria nell'ambito delle procedure di Pma, la coppia ricorrente possa ricorrere a una struttura privata convenzionata, oltre a poter accedere alla diagnosi preimpianto e alla crioconservazione degli embrioni soprannumerari.

Questa sentenza, insieme a quelle successive dei tribunali di Firenze, Milano e Catania del 2013 che sollevano dubbi di legittimità sugli articoli 4 e 13 della legge, verranno discussi il prossimo 8 aprile dalla Corte costituzionale. Sempre nel 2013, si sono pronunciati anche il tribunale di Firenze e quello di Roma, quest'ultimo ordinando l'immediata applicazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2012. Il 14 gennaio e il 28 febbraio di quest'anno, infine, si è nuovamente pronunciato il tribunale di Roma sui ricorsi di due coppie, sollevando questione di legittimità dell'articolo 1 della Legge 4, perché in contrasto con quanto previsto dalla Costituzione, chiedendo un nuovo parere della Consulta. Parere che é arrivato oggi, accogliendo i ricorsi e cancellando il divieto di eterologa.

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