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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2014 alle ore 09:58.
L'ultima modifica è del 09 aprile 2014 alle ore 10:45.

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(Epa)(Epa)

La situazione nelle regioni russofone dell'Ucraina orientale sarà risolta nel giro di 48 ore, anche con il ricorso alla forza qualora i negoziati in corso con i militanti separatisti dovessero fallire. È l'avvertimento lanciato dal ministro dell'Interno di Kiev, Arsen Avakov. «Penso che una soluzione alla crisi la si troverà entro le prossime 48 ore», ha osservato Avakov. «I piani dell'operazione anti-terrorismo in tutte e tre le regioni (Kharkiv, Donetsk e Lugansk, ndr) non sono stati annullati, e siamo in grado di attuare in qualsiasi momento tutte le iniziative prestabilite. Esistono due opzioni», ha ammonito ancora il ministro, «una politica, attraverso le trattaive, e poi quella della forza. A chi vuole il dialogo, proponiamo colloqui e una soluzione appunto politica. Per la minoranza che invece vuole il conflitto», ha tagliato corto, «ci sarà una risposta forte da parte delle autorità ucraine.

L'Ucraina torna a ribollire sotto le spinte separatiste nell'est del Paese sobillate dalla Russia, accusa il governo di Kiev mentre continua il lavoro diplomatico delle potenze occidentali. Fonti riservate del ministero degli Esteri russo hanno confermato infatti, sebbene soltanto come «possibile», il nuovo vertice dedicato alla crisi ucraina annunciato ieri dal segretario di Stato americano, John Kerry, cui per Mosca prenderà parte il titolare del dicastero, Serghei Lavrov. La riunione sarà peraltro a quattro e, oltre a quelli di Russia e Stati Uniti, vedrà la partecipazione di emissari dell'Unione Europea e della stessa Ucraina. Dovrebbe tenersi la settimana prossima in un imprecisato Paese europeo: data e sede sono ancora da stabilirsi.

Sono stati intanto rilasciati quasi tutti gli "ostaggi" presi dai separatisti filo-russi a Lugansk, nell'Est dell'Ucraina, riferisce intanto l'Sbu, l'intelligence di Kiev, sul suo sito internet, prospettando la conclusione pacifica di una vicenda dai tratti confusi, su cui da giorni circolano notizie contrastanti.

I militanti filo-russi che hanno occupato domenica sera la sede dei servizi di sicurezza a Lugansk hanno lasciato uscire prima 51 persone, poi altre cinque. La liberazione di 56 dei 60 prigionieri dei separatisti, afferma l'Sbu, è avvenuta in seguito a negoziati con alcuni deputati. Tutti i rilasciati sono in buona salute. Sul sito dei Servizi ucraini si precisa che i parlamentari hanno lasciato l'edificio occupato senza problemi e che "i negoziati continuano, con l'obiettivo di minimizzare i rischi per la vita e la sicurezza degli abitanti di Lughansk".

Dopo l'occupazione della sede dei servizi a Lugansk erano circolate notizie non confermate su grandi quantità di armi finite in mano ai separatisti e su una vera e propria presa di ostaggi. Ieri sera, l'Sbu ha convalidato le voci, riferendo che i filo-russi "sotto la minaccia di armi e di esplosivi impediscono a una sessantina di persone di lasciare l'edificio e tornare a casa". Secondo la stessa fonte, i locali del palazzo che ospita i servizi di sicurezza sono stati minati. Gli attivisti filo-russi hanno occupato anche la sede dell'amministrazione regionale a Dontesk, la capitale industriale dell'Est dell'Ucraina, e nella stessa città avevano preso anche gli uffici dell'Sbu, ma sono stati poi fatti sgomberare, come è accaduto anche a Kharkiv nel palazzo della regione.

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