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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2014 alle ore 16:33.
L'ultima modifica è del 09 aprile 2014 alle ore 16:34.

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NEW YORK - Il sistema finanziario globale sta attraversando un periodo caratterizzato da «un numero di complesse transizioni sulla strada di una maggior stabilità». Ma questi passaggi, avverte il Fondo Monetario Inernazionale, sono «lontani dall'essere completati e le condizioni di instabilità sono lungi dall'essere normali». Come dimostrano i momenti di «turbolenza finanziaria» venuti alla luce dallo scorso ottobre e che evidenziano gli «aggiustamenti che ancora devono avvenire». La missione dell'Eurozona per risanare i bilanci delle banche e i debiti delle aziende, in particolare, deve superare impasse e compiere passi avanti.

Il nuovo Global Financial Stability Report dell'Fmi, i cui capitoli chiave sono stati resi noti oggi agli incontri di primavera dell'organizzazione, identifica mutate condizioni: l'avvio di una normalizzazione della politica monetaria americana, realizzata senza provocare shock. Il passaggio dei paesi emergenti verso una crescita più sostenibile del settore finanziario, in presenza di «vulnerabilità macroeconomiche e di condizioni finanziarie esterne meno favorevoli». E il rafforzamento della posizione di capitale delle banche nell'Eurozona, che si muove «da una frammentazione verso un quadro più robusto di integrazione».

Detto questo, i mercati finanziari dei paesi sviluppati devono effettuare una transizione che li abitui a fare a meno dei sostegni di una politica monetaria straordinariamente accomodante, se vogliono creare un clima di crescita sostenibile. Le economie sviluppate e emergenti, per passare da mercati «guidati dalla liquidità» a mercati «guidati dalla crescita» richiedono una normalizzazione delle politica monetaria americana che eviti rischi alla stabilità; un riequilibrio dell'economia negli emergenti; ulteriori progressi nell'integrazione dell'Eurozona; e il successo nel realizzare la "Abenomics" in Giappone a sostegno della crescita. Queste necessarie e graduali transizioni hanno compiuto i maggiori passi finora negli Stati Uniti.

Per l'Eurozona, in particolare, le sfide appaiono «importanti». Anzitutto quella della ristrutturazione del debito del settore aziendale, che è stata frenata dal «lavoro non finito di risanamento dei bilanci delle banche» nonostante il deleveraging in corso, con i più grandi istituti europei che hanno continuato a ridurre asset per 2.400 miliardi di dollari nei due anni terminati il terzo trimestre del 2013. I prestiti in sofferenza nell'Eurozona nel suo complesso sono raddoppiati dall'inizio del 2009 a oltre 800 miliardi di euro.

Le condizioni del credito, inoltre, «rimangono difficili». E il Fondo sottolinea come l'atteggiamento dei mercati nei confronti di banche e debito sovrano dell'eurozona siano «significativamente migliorati», ma avverte che potrebbe peccare di eccessivo ottimismo se non scatteranno i risanamenti dei bilanci. Per sostenere un simile ottimismo serve una valutazione trasparente e rigorosa della salute del sistema bancario, seguita da una «determinata» ripulitura dei bilanci e rimozione di istituti non più credibili, come anche da misure addizionali per «migliorare i canali non bancari» del credito e del finanziamento. Senza la riapertura dei rubinetti del credito «sarà difficile per l'area euro completare la sua transizione da una frammentazione a un'integrazione finanziaria».

Nei paragrafi che riguardano le economie europee che sono state più sotto pressione, tra le quali quella italiana, il documento del Fondo indica come il miglioramento dei bilanci bancari e il venire meno del peso dei crediti deteriorati sia cruciali per riaprire il flusso del credito. Una simulazione mostra che determinati miglioramenti nella qualità degli asset delle banche (ossia un calo della quantità di crediti deteriorati) o un aumento dei loro "cuscinetti" di capitale potrebbero rilanciare il credito, con un aumento in Italia anche di oltre il 5% in quattro anni. Ricordando «il recente lancio del mercato dei mini-bond in Italia e Spagna», il Fondo chiede inoltre che venga facilitato nell'Area euro l'arrivo sui mercati di obbligazioni ad alto rendimento da parte di piccole imprese tra le fonti alternative di finanziamento.

Affrontando più in dettaglio il problema della ristrutturazione del debito aziendale, il documento cita, tra l'altro, l'esistenza in alcuni paesi dell'Eurozona di «problemi di tipo legale come la difficoltà a rispettare i diritti dei creditori, gli impedimenti nella vendita di collaterali e i lunghi ritardi legali nel risolvere questioni legate a crediti deteriorati». Il Fondo riconosce che in alcuni Paesi sotto stress - definizione con cui fa riferimento a Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna e Slovenia - sono scattate riforme delle procedure di bancarotta al fine di accelerare la ristrutturazione dei debiti (come, cita il Fondo, il Concordato preventivo in Italia dell'agosto 2012), ma aggiunge che tali riforme «devono ancora dare frutti».

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