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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2014 alle ore 06:38.

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Il futuro per la Russia è a Oriente. Vladimir Putin lo sa da tempo. Per come si sono messe le cose, nell'arco di 10-15 anni Mosca rischia di assistere impotente a una drastica riduzione delle sue entrate dall'Europa. Se solo potesse, Bruxelles ridurrebbe subito la sua dipendenza energetica dalla Russia. Desiderio quasi irrealizzabile, se non a costi altissimi. Domani, quando si espanderà il mercato del gas naturale liquefatto (Lng), ed entreranno in funzione diversi nuovi giacimenti di metano, è plausibile che non vengano rinnovati alcuni degli onerosi contratti di lungo termine con un partner commerciale verso cui la Ue nutre una diffidenza difficilmente superabile. In quest'ottica il Cremlino sta spingendo per diversificare le esportazioni, puntando soprattutto sulla Cina. L'annuncio del colosso russo del gas, Gazprom, di «progressi» nelle trattative con la China National Petroleum Corporation (Cnpc) va proprio in questa direzione.
«Durante questo giro di negoziati, abbiamo coordinato tutte le questioni tecniche relative alla realizzazione del progetto», ha dichiarato ieri in un comunicato Alexei Miller, ad di Gazprom. «Le parti - ha spiegato - hanno concordato che il contratto avrà effetto prima della fine del 2014 e che il prossimo incontro negoziale avrà luogo a Mosca a fine aprile». L'idea venne discussa già nel lontano 1997. Un accordo di massima fu poi firmato nel 2009. Mosca avrebbe fornito 38 miliardi di metri cubi (m3) di gas l'anno per 30 anni attraverso il gasdotto Power of Siberia, un progetto la cui realizzazione richiederebbe 22 miliardi di dollari.
Gli anni sono passati ma fino a ieri i due Paesi, i cui rapporti non sono mai stati idilliaci, sembravano fermi su una questione di non poco conto: il prezzo. «La Russia ha provato per 10 anni a finalizzare un accordo con la Cina - ha spiegato al Sole 24 Ore il professore Robert Cutler, dell'Institute of European, Russian & Eurasian Studies - ma ha fallito. La Cina ha diversificato i suoi approvvigionamenti nell'Asia centrale, soprattutto dal Turkmenistan, e Oltreoceano. Ritengo altamente improbabile che la Cina sia disposta ad acquistare il gas al prezzo pagato dall'Europa, circa 400 dollari per mille m3. Pechino preme per 250$ e non sarà molto elastica nelle trattative».
La Cina ha tuttavia compreso che il momento è favorevole. Le sanzioni contro Mosca - quelle attuali e soprattutto quelle in discussione - potrebbero convincere Gazprom a cedere sui prezzi, pur di chiudere. La crisi in Crimea ha rafforzato la necessità di una relazione più stretta con il potente vicino. Oltre ad esser il più grande partner commerciale della Russia dopo la Ue (nel 2013 è divenuta il suo primo acquirente di greggio superando al Germania), la Cina è il solo Paese con diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza dell'Onu a non aver condannato l'annessione della Crimea.
Mosca non può permettersi di perdere parte del mercato europeo senza aprire altri mercati. Lo scorso anno ha venduto all'Europa 167,2 miliardi di m3 di gas (1/3 della sua domanda di metano) per un valore di 57 miliardi di dollari. D'altronde se la Russia, il primo produttore di gas naturale convenzionale (escluso lo shale) ha bisogno di nuovi acquirenti, la Cina, la cui domanda di energia continua a crescere, necessita del gas russo. Anche perché non può più permettersi di consumare così tanto carbone - il 69% del suo mix energetico nel 2011- per produrre energia. In molte province l' inquinamento ha raggiunto limiti intollerabili. Se il governo vuole centrare il suo ambizioso obiettivo - ridurre le emissioni di carbone per unità di Pil del 17% dal 2010 al 2017 - non ci sono molte alternative se non diversificare sul gas, una fonte più pulita. Il tempo, però, stringe. Il 20 maggio, quando il presidente Putin e quello cinese Xi Jinping si incontreranno a Pechino, non è escluso che sia firmato l'accordo. Una volta forgiata l'alleanza energetica è plausibile che si rafforzino anche le relazioni politiche e quelle commerciali.
Guardare a Est non significa tuttavia puntare solo alla Cina. Ci sono almeno altri due mercati interessati al gas russo: il Giappone e la Corea del Sud, due Paesi affamati di energia che però sono alleati degli Usa. Una situazione scomoda per Tokyo e Seul ma utile a Mosca. «Stiamo guardando alla Russia come una fonte di approvvigionamento di Lng per il nostro mercato», ha detto Shigeru Muraki, vicepresidente di Tokyo gas. Speriamo di continuare un dialogo basato sul business. «Se la Russia ci fornisce il gas a un prezzo molto competitivo... potremmo discuterne», spiegava di recente Kwon Yong-Sik vicepresidente di Korea Gas.
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