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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2014 alle ore 06:38.

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ROMA
Nel 2013 l'utile netto del gruppo Rai è di cinque milioni di euro. Un pareggio sostanziale rispetto ai 245 milioni persi nel 2012. Anche se gli anni "pari", a causa della presenza dei grandi eventi sportivi, sono più "stressanti" per i conti dell'azienda pubblica. «Anche nel 2011 vi fu un pareggio - spiega Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai - ma, attenzione: in due anni abbiamo perso quasi il 30% degli introiti pubblicitari (dai 964 milioni del 2011 la raccolta Rai è scesa a 682, ndr)».
Il margine operativo lordo dell'esercizio 2013, il cui bilancio è stato approvato ieri dal Cda all'unanimità, è di 663 milioni, 169 in più rispetto al 2012. Il risultato operativo è positivo per 66 milioni rispetto a quello negativo per 162 dell'esercizio precedente. Cresce, però, l'indebitamento finanziario, che tocca quota 441 milioni rispetto ai 366 di un anno prima, «anche a causa dei 700 esodi incentivati effettuati» precisa il direttore generale della Rai.
Il bilancio di un'azienda radiotelevisiva in uno scenario in rapida mutazione, non sta solo nei risultati di bilancio. Gubitosi illustra la metamorfosi di un'azienda che sta trasformandosi da broadcaster che realizza palinsesti per pubblici indifferenziati a media company che idea, produce, realizza contenuti per tutte le piattaforme e si riorganizza a questo fine digitalizzando tutte le proprie strutture editoriali (l'archivio entro il 2019).
La Rai ha avviato tale percorso, definito dal Piano industriale 2013-2015, aprendo dodici "cantieri", dalla pubblicità agli acquisti. Resta, ancora, però un'azienda radiotelevisiva: gli ascolti costituiscono un metro di valutazione essenziale del prodotto. A fronte di un ascolto totale in crescita, i canali Rai mantengono la leadership nell'ascolto con il 40% in prima serata contro il 33,8% di Mediaset, il 7% di Sky-Fox e il 19,3% degli altri canali, su tutte le piattaforme. Il 5,7% di tale quota è assicurata dalle reti specializzate nate per il digitale.
La pubblicità, comunque, perde l'8,5%, media tra il -19% del primo trimestre e il +6% del quarto. Quella della tv è calata solo del 4% mentre la Rai ha avuto performance peggiori del mercato sia nella pubblicità radiofonica(-17,3%) sia nel cinema. La situazione migliora: «Nel primo trimestre siamo andati meglio del mercato» precisa Gubitosi. Il quale non ha nascosto, invece, problemi riguardo a una crescente morosità nel pagamento del canone, i cui introiti sono saliti dello 0,4% nel 2013 (e quest'anno l'importo è rimasto immutato).
In due anni, dal 2011 al 2013, la Rai ha dovuto far fronte a 250 milioni di minori introiti. Da qui la necessità di operare sui costi. Quelli esterni per beni e servizi sono scesi di 162 milioni nello stesso biennio. I costi esterni medi orari sono scesi nel 12% annuo nel 2013, «mentre sono aumentate le ore prodotte» sottolinea Gubitosi. La manovra sugli esodi ha permesso di ridurre di una ventina di milioni il costo del personale.
Tra le cifre snocciolate in più di due ore da Gubitosi vi sono riduzioni nel costo di realizzazione dei programmi (del 16% annuo), delle scritture degli artisti (del 3%), delle scenografie (del 26%) «perché abbiamo portato all'interno molte produzioni».
La produzione di fiction è arrivata a 194 milioni nel 2013 rispetto ai 167 del 2012. Resta aperto il problema dei rapporti con i produttori indipendenti, mai nominati da Gubitosi quando illustra gli indiscutibili successi di audience delle fiction Rai. Gli investimenti nel cinema sono in lieve calo. C'è spazio per il futuro, la media company digitale e digitalizzata, il rinnovo della concessione nel maggio 2016. E un certo pessimismo sui conti 2014: «Sarà un anno più difficile del 2013 per i costi dei mondiali di calcio, circa 100 milioni più i costi operativi, per gli investimenti, per l'aumento di morosità del canone» prevede Gubitosi.
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