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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2014 alle ore 13:54.
L'ultima modifica è del 11 aprile 2014 alle ore 15:41.

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C'è una doppia cattiva notizia che arriva da Bruxelles sul fronte dell'Istruzione. Da un lato, l'Italia con il suo 22,4% del 2013 è ancora ultima per numero di laureati. Dall'altro, con il suo 17% è quinta per abbandoni scolastici peggio di noi fanno solo Spagna, Malta, Portogallo e Romania. A confermarlo sono i dati diffusi oggi da Eurostat. Ma lo stesso allarme è contenuto nel Def approvato martedì dal Governo.

Maglia nera in Europa
Eurostat sottolinea che nel nostro Paese si laureavano e si laureano ancora pochi studenti. A fronte di una media europea del 36,8% la quota di popolazione tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma di alta formazione arriva appena al 22,4 per cento. Una performance che ci vale l'ultima piazza nell'Ue a 28. Meglio di noi hanno fatto anche Romania (22,8%), Croazia (25,9%) e Malta (26%) che ci precedono in classifica. Il trend ascendente messo in atto negli ultimi anni (nel 2002 eravamo al 13,1% e nel 2007 al 18,6%) non è bastato neanche ad avvicinarci ai primi della classe. Vale a dire Irlanda (52,6%), Lussemburgo (52,5%) e Lituania (51,3%). Fin qui i dati resi noti da Bruxelles. Ma lo stesso allarme si trova nel Documento di economia e finanza varato martedì. Nel provare a risalire alle cause del fenomeno il Def evidenzia altri due aspetti che ci differenziano dal resto del Vecchio Continente. Il primo è che se consideriamo l'intera popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è vero facciamo ancora fatica a metterci al passo nella percentuale di popolazione con diploma o laurea ma se ci limitiamo alla classe 20-24 anni il gap lo abbiamo già riempito. La seconda avvertenza riguarda l'età media degli immatricolati all'università che da noi è la più bassa in assoluto. Per arrivare alla conclusione che le vere ragioni del ritardo italiano sono, da un lato, la quota ancora troppo bassa di adulti che scelgono di laurearsi e, dall'altro, l'emorragia di studenti che diventano "dottori" . A nove anni dall'immatricolazione solo il 55% degli allievi consegue infatti il titolo universitario.

Ancora troppi abbandoni
Come se non bastasse restiamo indietro anche sul numero degli abbandoni scolastici. Il 17% del 2013, a fronte di una media dell'11,9% per l'Ue a 27, ci è valsa la quinta piazza. Stano messi peggio di noi solo Spagna (23,5%, record negativo), Malta (20,9%), Portogallo (19,2%) e Romania (17,3%). I Paesi virtuosi con il minor numero di ragazzi che hanno precocemente smesso di studiare, i cosiddetti early leavers, sono Croazia (3,7%), Slovenia (3,9%) e Repubblica ceca (5,4%). Anc he su questo tema giunge in aiuto il Def. Nell'analizzare le perfomances delle singole Regioni il Documento di economia e finanza fa presente che l'unica in grado di raggiungere il traguardo europeo attualmente è il Veneto con il suo 10, 3 per cento. Mentre il Sud e le Isole si assestano su valori più che doppi. Con il 25,8% della Sicilia, il 24,7% della Sardegna e il 22,2% della Campania. Con l'aggravante che in sei Regioni il tasso di abbandoni rispetto al 2012 è addirittura salito: Molise (+5,4%), Basilicata (+1,6%), Sicilia (+1,%), Campania (+0,3%), Puglia (+0,2%) e Lombardia (+0,1%).

Gli investimenti in R&S
Nell'illustrare a che punto si trova il nostro Paese alla vigilia del semestre europeo il Def si sofferma anche sulla spesa in ricerca e sviluppo. A fronte di un obiettivo per il 2020 che era fissato originariamente al 3% e che è stato rivisto al ribasso dall'Italia all'1,53% gli ultimi dati disponibili (quelli del 2012) ci danno all'1,27 per cento. Con un lievissimo aumento (+0,1%) rispetto al 2011. A tenere è stata soprattutto la spesa delle istituzioni pubbliche laddove è diminuita quella delle imprese che avevano "tirato la carretta" negli anni precedenti. Ma a preoccupare di più è un altro dato: gli investimenti in R&S in termini reali sono diminuiti dell'1,5 per cento. Risultato: stando ai dati provvisori per il 2012 restiamo al diciottesimo posto in Europa con un gap dello 0,8% rispetto alla media dell'Ue a 27. Confermando così la poco invidiabile posizione che già occupavamo 12 mesi prima.


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