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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2014 alle ore 06:37.

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MILANO
Roberto Formigoni ancora nel mirino della magistratura. Il gup, su richiesta della procura di Milano, ieri ha disposto un sequestro preventivo di beni per 49 milioni complessivi all'ex governatore lombardo, accusato di corruzione e associazione a delinquere nelle inchieste sulla sanità relative alle cliniche Maugeri e San Raffaele; ai lobbisti Pierangelo Daccò (già condannato a 10 anni per bancarotta fraudolenta ai danni del San Raffaele) e Antonio Simone; all'amico storico di Formigoni Alberto Perego e all'ex dg della Maugeri Costantino Passerino.
Di questi 49 milioni, 39 sarebbero relativi al caso Maugeri e 7,6 sono riconducibili alle mazzette per il caso San Raffaele. La Guardia di finanza sta tentando di recuperare il quantitativo in vari modi, tra beni mobili e immobili. Scrive il gup nel decreto di sequestro che le indagini hanno accertato «l'esistenza di una struttura organizzata e permanente, avente il suo fulcro presso la giunta regionale della Regione Lombardia e in Roberto Formigoni, volta a trasferire indebitamente e con sorprendente continuità alla Maugeri e al San Raffaele somme ingenti di denaro maggiori di quanto sarebbe stato permesso dai perimetri e dai limiti della discrezionalità amministrativa e tecnica».
All'ex presidente Formigoni, indagato per il caso del San Raffaele, è stata sequestrata la villa in Sardegna, ad Arzachena, acquistata formalmente dal suo amico Perego. Per questo l'ex governatore si difende dicendo di non avere «nessuna villa in Sardegna» e di «non possedere tali beni». Il valore dell'immobile sarebbe più alto, secondo le perizie di due anni fa, di quanto realmente pagato da Formigoni e Perego (il gup ricorda di «almeno 1,5 milioni»). Si parlava di una compravendita pari a 3,4 milioni, contro i circa 5-6 milioni reali: anche questo prezzo di favore, secondo l'accusa, sarebbe stato frutto di una "tangente" indiretta pagata a Formigoni. Secondo l'accusa il politico lombardo avrebbe ricevuto, nel giro di dieci anni, tra gli 8 e i 10 milioni in viaggi e regali molto costosi, come ricompensa per i trasferimenti di fondi pubblici garantiti alle cliniche sanitarie.
Alla Maugeri, in particolare, sarebbero arrivati in dieci anni oltre 200 milioni. Di questi, 70 milioni sarebbero poi stati utilizzati per pagare Daccò e Simone, che facevano da intermediari con la Regione Lombardia e che si assicuravano che le richieste avessero delle corsie preferenziali. Per elargire i generosi finanziamenti veniva utilizzato il sistema delle "funzioni non tariffabili": la possibilità, esistente fino ad un anno fa in Lombardia, di stabilire volta per volta, senza criteri definiti, quali attività sanitarie supportare per meriti "speciali". Un metodo evidentemente molto arbitrario. Secondo gli inquirenti, Daccò e Simone si occupavano poi di "ringraziare" Formigoni con favori, vacanze costose in posti esotici e regali.
L'ex governatore lombardo, attualmente senatore per il Nuovo centrodestra, è stato rinviato a giudizio per il caso della Maugeri, e il processo inizierà il 6 maggio, mentre risulta indagato, sempre con l'accusa di corruzione e associazione a delinquere, nel caso del San Raffaele. Formigoni in questi giorni sta anche per presentare la sua candidatura alle Europee, puntando ad ottenere 100mila preferenze, come dicono le indiscrezioni negli ambienti vicini a Comunione e liberazione. Da capire adesso se la sua corsa politica verrà rivista alla luce dei nuovi sviluppi delle indagini.
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LA VICENDA
L'accusa
L'ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni è accusato di corruzione e associazione a delinquere nelle inchieste sulla sanità delle cliniche Maugeri e San Raffaele
Il sequestro
La procura di Milano ha disposto un sequestro di beni per 49 milioni complessivi all'ex governatore. Di questi, 39 sarebbero relativi al caso Maugeri e 7,6 sono riconducibili alle mazzette per il caso San Raffaele. Gli inquirenti stanno tentando di recuperare il quantitativo tra beni mobili e immobili

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