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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2014 alle ore 08:15.

Ogni spazio si contende due dimensioni, quella fisica e quella mentale. E spesso gli strati di memoria che lo avvolgono sono più consistenti degli stessi strati di roccia visibili allo sguardo. La verità di questa considerazione sviluppata in Paesaggio e memoria (Mondadori) da Simon Schama, professore alla Columbia, si amplifica di significati quando lo spazio assume un valore sacro. Al ricordo si aggiungono evocazioni prodotte dallo spirito. Lo spazio sacro – che può essere luogo naturale o costruzione umana – si trasforma in un ambito capace di generare esperienze sempre nuove e infinite nel tempo. Qualcosa di comunicabile ma anche di inesprimibile perché tocca l'anima e i labirinti della mente. Alcuni studiosi hanno trovato tre tratti distintivi: lo spazio sacro offre la possibilità di compiere riti, è luogo di significati profondi, in esso si vive il conflitto e la negoziazione. L'uomo ha sempre cercato spazi che trascendessero la dimensione del vissuto. L'antropologia ha scavato nelle tracce lasciate nella storia arrivando a disegnare una geografia del sacro tanto complessa quanto affascinante: si pensi ai lavori di Eliade, Ries, Mauss, Lévi-Strauss. In Occidente lo spazio sacro imbocca soprattutto le strade del cristianesimo con monasteri, chiese, conventi e ambiti di culto dove l'architettura si coniuga con liturgie, con i tempi dell'anno e del silenzio della preghiera. Luoghi identitari per affermare una singolarità: qui si cerca e si pratica l'ascesi che è spazio conquistato dallo spirito. A questi temi è dedicato il numero monografico di Humanitas a cura di Maria Chiara Giorda e Sara Hejazi con otto approfondimenti.
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Aa.Vv. , Spazi e luoghi sacri, Humanitas, n. 6, Morcelliana, Brescia, pagg. 10074, € 16,00

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