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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2014 alle ore 12:41.
L'ultima modifica è del 15 aprile 2014 alle ore 16:14.

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Per garantire una traiettoria discendente del debito pubblico, che quest'anno salirà al 134,9% del Pil a causa di un peggioramento delle previsioni di crescita nominale rispetto a quelle dell'autunno e al programmato rimborso dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della Pa, bisognerà realizzare l'ambizioso piano di privatizzazioni che il Governo ha indicato del Def. Il rilievo è arrivato dal vicedirettore generale di Bankitalia, Luigi Signorini, nel corso dell'audizione davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato.

Una relazione, quella di Signorini, in larga parte incentrata sulle prospettive macroeconomiche e l'impatto delle misure annunciate dal Governo sugli equilibri di finanza pubblica. Il debito dovrebbe ridursi al 120% del Pil entro il 2018, ultimo anno dell'orizzonte di previsione del Def, un calo di oltre 10 punti che dev'essere garantito - ha detto Signorini - per rispettare la regola del Six Pack che per l'Italia diventa vincolante dal 2016. «La contrazione nel rapporto fra debito e Pil - ha affermato - beneficerebbe dell'esaurirsi del programma di rimborso dei debiti commerciali e dei proventi attesi dalle privatizzazioni, circa 0,7 punti di Pil in ciascun anno tra il 2014 e il 2017; il precedente esecutivo puntava a realizzare cessioni per 0,5 punti di prodotto l'anno. È un obiettivo ambizioso (nell'ultimo decennio gli importi da dismissioni mobiliari sono stati pari a
circa 0,2 punti di Pil in media d'anno); richiede un rapido e deciso programma di dismissioni». Il valore delle partecipazioni azionarie dello Stato in società quotate - ha ricordato il dirigente - è oggi stimabile in circa un punto percentuale del Pil.

Il rinvio del pareggio di bilancio e i dubbi sulla spending review
L'impegno sul rientro del debito è associato al difficile passaggio di finanza pubblica previsto nel Def che, ha ricordato Signorini, con il previsto rinvio al 2016 del pareggio strutturale di bilancio imporrà il ricorso a una votazione a maggioranza assoluta del Parlamento e una valutazione aggiuntiva da parte della Commissione europea. Il Governo ha invocato i margini di flessibilità previsti in casi di eventi eccezionali e l'aggiustamento per assicurare l'obiettivo sarà l'anno prossimo dello 0,5% del prodotto e dello 0,1% l'anno successivo. A rendere ancor più complesso il passaggio ci sono i dubbi sulla possibilità di centrare gli obiettivi di risparmio della spending review. «Nel 2015 i risparmi di spesa indicati come valore massimo ottenibile dalla spending review - ha detto Signorini - non sarebbero sufficienti, da soli, a conseguire gli obiettivi programmatici, qualora dovessero finanziare lo sgravio dell'Irpef, evitare l'aumento di entrate (previsto dalla clausola di salvaguardia, ndr) dare anche copertura agli esborsi connessi con programmi esistenti non inclusi nella legislazione vigente». Al di là di come devono essere interpretati i numeri scritti nel Def - ovvero se i risparmi siano aggiuntivi ai già inclusi nei tendenziali di spesa - è importante che vengano effettivamente realizzati e siano strutturali, ha ribadito il vicedirettore di Bankitalia rispondendo alle domande dei commissari. Così come è fondamentale l'attuazione delle riforme annunciate, anche perché la riduzione di tre decimi di punto sulle stime di crescita di quest'anno (+0,8% per l'Italia contro un +2,2% dei paesi avanzati e un +3,6% globale) è dovuta anche alla non completa attuazione delle riforme varate dagli ultimi due governi.

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