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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2014 alle ore 06:38.


PALERMO
La si potrebbe definire la tattica del tridente e si gioca su più fronti, anzi su più città e continenti: a Roma, a Palermo e a Beirut. Tre strade diverse in un'unica partita a tutela dell'ex senatore di Forza Italia Marcello dell'Utri, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, sabato scorso arrestato a Beirut e dove si trova "ospite" in una stanza di un palazzo dei servizi di sicurezza libanesi. Il primo risultato è stato ottenuto ieri: la terza sezione penale della Corte di Cassazione presieduta da Maria Cristina Siotto ha deciso il rinvio al 9 maggio dell'udienza per decidere sul destino dell'ex senatore accogliendo le richieste di rinvio presentate dai suoi legali Massimo Krogh (ricoverato in clinica) e Giuseppe Di Peri (che ha presentato una certificazione per artropatia al ginocchio sinistro con una convalescenza di 5 giorni).
La prescrizione (che dovrebbe scattare il primo luglio) è stata sospesa e mancano da oggi 23 giorni alla prossima udienza: il fattore tempo, evidentemente, non è affatto secondario. L'udienza della Cassazione arriva tre giorni prima che scadano i termini per la trasmissione alle autorità libanesi della carte dall'Italia per l'estradizione ma anche il limite alla custodia fissato dalla legge libanese: dal 13 maggio Dell'Utri (che intanto ha nominato un legale libanese) potrebbe tornare libero. Terzo: ieri i legali di Dell'Utri hanno presentato ricorso al tribunale del riesame di Palermo, contro l'ordine di custodia cautelare emesso nei confronti del loro assistito. Gli avvocati contestano la fondatezza del provvedimento della terza sezione della Corte d'appello, basato sul pericolo di fuga: negano che il cofondatore di Forza Italia sia fuggito all'estero e si sia reso irreperibile, dato che è andato in un Paese, il Libano, legato all'Italia da trattato di estradizione.
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