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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2014 alle ore 17:53.
L'ultima modifica è del 17 aprile 2014 alle ore 17:57.

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«Siamo pronti a occupare il porto di Piombino e a rovinare le vacanze pasquali ai vacanzieri che si imbarcheranno per l'Elba».
I sindacalisti della Lucchini di Piombino sono sul piede di guerra. L'incontro convocato per oggi pomeriggio alle 18 al ministero dello Sviluppo economico ha avuto un prologo stamani davanti al piazzale di ingresso dell'acciaieria toscana. Quattrocento operai si sono radunati per definire la strategia che precede lo spegnimento dell'altoforno, previsto tra la notte di martedì e mercoledì prossimi.

Parole di fuoco sono state rivolte alla politica, il Pd in particolare, e i vertici nazionali dei sindacati: «Ci hanno lasciato soli in un momento drammatico per Piombino e la siderurgia italiana: spero ve ne ricordiate quando vi troverete dentro la cabina elettorale!», urla ai suoi Massimo Lami, uno dei delegati della Fiom. Sul tavolo della trattativa ci sono le richieste di Fim, Fiom e Uilm: le riassume per tutti Graziano Martinelli, altro delegato della Fiom: «Siete in pochi oggi, mi aspettavo oltre un migliaio di persone: ma vi sbagliate se pensate che il contratto di solidarietà e la Cig siano stati conquistati. Per l'altoforno non ci siano più speranze, inutile illudersi, ma sappiate che sul contratto di programma e gli ammortizzatori sociali la partita è ancora tutta da giocare».

Una lezione di realismo che fa annuire parecchi operai, compresi i massimalisti. C'è chi propone di occupare i binari ferroviari, chi la sede nazionale del Pd a Roma in via del Nazareno. I vertici delle Rsu devono sgolarsi per tenere a freno gli animi. Alla fine è Luciano Gabrielli, il capo della Fiom di Piombino, a rimettere le cose a posto. Urla: «Ma dov'erano quelli che vogliono fare sfracelli mentre una dozzina di noi lottavano per salvare la fabbrica?».

Parole che fanno calare una cappa di silenzio. La tregua temporanea è siglata. Gabrielli e i suoi riescono a far passare una mozione che rimanda ogni decisione sulle iniziative di lotta a un'assemblea pubblica che si terrà domattina alle nove davanti i cancelli della fabbrica. L'incontro al ministero potrebbe essere un passaggio chiave. Le richieste degli operai sono particolarmente onerose: contratti di solidarietà fino all'effettivo reimpiego per i 2.200 dipendenti di Lucchini e Lucchini servizi, Cig per i quasi 2 mila operai dell'indotto, costruzione di un forno elettrico e di un Corex, l'impianto che produce ghisa liquida, per non interrompere la produzione di prodotti lunghi.

Proposte che dovranno fare i conti con le offerte di acquisto della Lucchini. Il 30 di maggio è l'ultimo giorno utile. Un mese di tempo per capire, come arringa Martinelli, se gli operai saranno solo dei prigionieri-cassintegrati che torneranno a casa con i loro piedi, oppure dei morti che camminano.

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