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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2014 alle ore 08:13.

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Ed ecco a voi la Questione Nazionale. Ovvero, come evitare che la Questione Meridionale, messa in crisi della Questione Settentrionale, si trasformi in Sudismo: Borbonia contro Padania, per riassumere, alla faccia di tutti i buoni propositi e gli inviti all'Unità del Paese. Alla vigilia delle elezioni europee, con la Lega che gonfia le vele del disagio al Nord e Grillo che soffia sulla sofferenza delle popolazioni al Sud, non è compito da poco.
Procediamo con ordine. Il filosofo Biagio De Giovanni definisce il Sudismo come il figlio degenere e autistico del meridionalismo esaurito: non un pensiero - spiega in un convegno organizzato dal Corriere del Mezzogiorno - ma una lagnosa protesta priva di orizzonte. Il frutto di una cultura plebea, insomma. Ma che ha un suo fondamento come dimostra il successo dei libri e delle conferenze del giornalista scrittore Pino Aprile.
Meridionalismo esaurito, dice De Giovanni mettendo il dito su una piaga che si sta facendo purulenta, perché in tanti anni di servizio attivo non è riuscito, secondo l'analisi dello storico Paolo Macry, ad affrancare il Meridione dall'intermediazione politica generalizzata creando al suo posto le condizioni per un mercato libero e franco. Da qui il malgoverno che si traduce nell'allocazione delle risorse secondo criteri tristemente clientelari.
L'economista Nicola Rossi rincara la dose. L'uso dissennato dei soldi pubblici, sostiene, è causa di una selezione avversa che conduce al potere classi dirigenti più interessate a estrarre rendite dalle grandi disponibilità finanziarie fin qui godute piuttosto che a generare sviluppo per la collettività. Ben venga, dunque, un freno al decentramento irresponsabile che tanti danni ha prodotto al Mezzogiorno e quindi all'Italia tutta.
D'altra parte, per la prima volta in tanti anni, di Mezzogiorno e di politiche particolari per il suo riscatto non c'è traccia nel Documento di economia e finanza redatto nella nuova era del premier Renzi. Visti i risultati, incalza Rossi, meglio così. Forse è giunto il momento, azzarda l'economista Gianfranco Viesti sul Mattino di Napoli, che possano valere per il Sud gli stessi rimedi buoni per il Paese: solo, praticati con maggiore intensità.
Tutti i medici riuniti al capezzale del grande ammalato Mezzogiorno, accusato di aver infettato con le sue pratiche spiacevoli l'intero corpo della Nazione, sono d'accordo su una diagnosi: la rinascita non può che partire da qui, dal pezzo debole del Paese che nonostante tutto presenta potenzialità inespresse e capaci, proprio per la forte interdipendenza tra le parti, a procurare il salto di qualità che l'Europa ci chiede.
Il presidente della Svimez Adriano Giannola invoca coraggio e visione per recuperare un dialogo con il Nord e accredita al neo meridionalismo espresso dall'Associazione virtù di analisi e proposte (non si vive di sola protesta) che non hanno mai messo in discussione l'opzione unitaria oggi minacciata dal Sudismo separazionista come dal secessionismo di certe frange lombardo-venete. Due facce della stessa medaglia.
Di una maggiore e sempre più convinta integrazione tra le regioni attuali, puntualizza Giannola spalleggiato dalla Fondazione Matching Energies dell'imprenditore Marco Zigon e dal governatore della Campania Stefano Caldoro (quello della Puglia Nichi Vendola appare meno convinto) per i quali il male più grande del Mezzogiorno è il regionalismo egoista e costoso, foriero di sprechi e occasioni mancate di crescita comune.
Il fardello del fallimento non va però gettato solo sulle spalle del ceto politico e amministrativo. Il problema è la classe dirigente nel suo insieme, ammonisce lo storico Giuseppe Galasso, colpevole di comportamenti miopi, rivolti al benessere proprio e dei propri cari. Il sociologo Domenico De Masi parla d'infantilismo diffuso. Il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo punta il dito sullo scarso capitale sociale.
E allora, come normalizzare questo Sud che vorrebbe aprirsi al mercato, riconoscere il merito, riferirsi all'Europa, amministrare bene, trasformarsi nel motore economico nazionale grazie anche all'uso pieno e intelligente dei fondi comunitari? Non certo rinunciando alla propria anomalia, suggerisce il sociologo Franco Cassano, detentore del pensiero meridiano, ma mettendola a valore. La discussione prosegue.
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