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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
Una lunga riunione a palazzo Chigi con Matteo Renzi, i ministri Marianna Madia e Maria Elena Boschi, il sottosegretario Graziano Delrio e diversi tecnici per mettere a punto i dettagli dell'intervento di riforma della Pa che il premier vuole varare entro la fine del mese, con buone probabilità martedì prossimo, 29 aprile, data indicata per un possibile Consiglio dei ministri.
Un pacchetto di misure sul quale il riserbo resta assoluto ma che sicuramente riguarderà la dirigenza, come ha confermato indirettamente lo stesso Matteo Renzi nel corso della diretta twitter che ha preceduto l'incontro. «Più merito, più mobilità, più qualità» sono le parole chiave. «Studieremo la possibilità che i dirigenti pubblici vengano valutati per i meriti anche dal personale e dai colleghi» ha scritto in un tweet il presidente del Consiglio rispondendo alla proposta di un follower. «Intanto da Chigi – ha poi aggiunto Renzi – abbiamo iniziato a innovare. Una parte della retribuzione sarà legata alle performance del Paese», con riferimento all'annunciato Dpcm che introdurrà una prima mini-riforma dei criteri di premialità della dirigenza legando parte dell'ammontare dei riconoscimenti economici al realizzarsi di indicatori macro come per esempio l'andamento del Pil.
Sull'intervento più generale si resta alle volontà politiche manifestate fin qui dal nuovo Governo e che prevedono la possibile introduzione del ruolo unico e un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi-concorsi. Cuore della riforma dovrebbe essere anche quello della razionalizzazione dell'attuale sistema delle scuole di formazione. A tutt'oggi sono ancora cinque: la Scuola superiore di economia e finanze, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, quella dell'amministrazione locale, quella dell'Interno e l'istituto diplomatico Mario Toscano. Strutture simili che moltiplicano per cinque spese di funzionamento, stipendi per i docenti e per i dirigenti e magari anche affitti d'oro per le sedi.
L'obiettivo strategico è quello di realizzare un modello di reclutamento capace di garantire una vera mobilità intercompartimentale dei dirigenti, rafforzando i limiti di mandato già previsti dalla normativa attuale. Possibile anche un ulteriore intervento sulle retribuzioni, magari con un ripensamento dell'indennità i posizione, anche se il tema dovrebbe esser stato chiuso con il tetto massimo a 240mila euro introdotto con il decreto del 18 aprile. Altro fronte di possibili interventi riguarda le semplificazioni: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l'accesso ai certificati online (legato all'attuazione dell'Agenda digitale), nuovi interventi in materia di trasparenza e, forse, il famoso "sforbicia Italia", pure evocato dal premier e che potrebbe comportare la chiusura di enti inutili.
Sul pubblico impiego l'attesa è altissima. Il ministro Madia ha parlato nelle scorse settimane di "staffetta generazionale" in riferimento a un possibile superamento dell'attuale blocco del turn over associato anche in questo caso a nuovi modelli di mobilità e, nella fase transitoria, a una nuova gestione degli esuberi che la spending review farà emergere. Il numero di partenza è quello indicato dal commissario straordinario, Carlo Cottarelli, 85mila dipendenti, una cifra «non molto elevata in rapporto all'occupazione nella Pa» ha ripetuto ieri davanti alle commissioni Difesa riunite di Camera e Senato.
Sempre ieri intanto si sono dimessi i vertici dell'Autorità nazionale anticorruzione (ex Civit): il presidente Romilda Rizzo e i due componenti, Antonio Martone ed Alessandro Natalini. Dopo la nomina del nuovo presidente, il magistrato Raffaele Cantone, il passo indietro dei tre dovrebbe consentire l'immediato avvio della nuova gestione. Il ministro Madia dovrà ora selezionare i consiglieri sulla base delle manifestazioni d'interesse raccolte tramite una pubblica consultazione via web.
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