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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2014 alle ore 06:38.

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«L'era delle divisioni è finita», esultano i palestinesi di Fatah e di Hamas. Almeno per la terza volta, più altri quattro tentativi falliti a un passo dal successo, i palestinesi laici della Cisgiordania e quelli islamisti della striscia di Gaza si sono riconciliati. Tuttavia il momento della festa di popolo è rinviato: meglio attendere un po', giusto per capire se quest'accordo avrà un destino migliore degli altri.
Fatah e Hamas, i fratelli musulmani palestinesi, non erano mai andati molto d'accordo. La grande separazione era avvenuta nel 2006, dopo che il movimento islamico aveva vinto le prime elezioni democratiche palestinesi. L'anno successivo c'era stata una breve ma cruenta guerra civile, l'ennesima nella tragica storia palestinese, spinto alla deriva anche dalle sue stesse azioni.
Da allora, nonostante uno Stato palestinese continui a non esistere, le Palestine erano diventate due: una a Ramallah e l'altra a Gaza. La prima alla ricerca di un compromesso di pace con Israele, dopo averne a più riprese riconosciuto il diritto di esistere; la seconda votata alla lotta di liberazione permanente, a dispetto dell'impossibilità politica e militare di conseguirla. Lo stesso moderato ottimismo manifestato ieri a Gaza, dopo la firma dell'accordo, si era visto negli anni passati prima a Doha, nel Qatar, e poi al Cairo. In entrambi i casi i Paesi ospitanti avevano convinto Fatah e Hamas a tornare alla collaborazione. Sul campo, tuttavia, quegli accordi erano durati poco. Come a cristallizzare un'inconciliabilità senza soluzioni - Corea del Sud contro Corea del Nord - le due Palestine stavano diventando troppo diverse per essere una sola: alleanze internazionali, curricula scolastici alternativi, sistema politico ed economie differenti, per quanto entrambe di sussistenza come ogni economia sotto occupazione (Cisgiordania) o sotto assedio (Gaza).
Israele ha già annunciato che se l'accordo dovesse funzionare, romperà i rapporti con l'Autorità palestinese della Cisgiordania, con la quale sta conducendo un asfittico negoziato di pace. In realtà è il segretario di Stato John Kerry che, coraggiosamente, sta costringendo al dialogo due sordomuti.
I palestinesi devono scegliere, diceva ieri Bibi Netanyahu, il premier: la pace con noi o la pace con Hamas. «Entrambe le cose non le possono avere». Ma la minaccia di Israele è sempre la stessa, sotto ogni condizione: non vogliono trattare con i palestinesi se c'è anche Hamas; non vogliono raggiungere la pace con i palestinesi, fino a che i palestinesi sono divisi. È il comportamento di chi spera di non essere mai costretto a riconoscere il diritto di uno Stato palestinese di esistere.
I dettagli dell'accordo di Gaza non sono stati ancora chiariti. Ma il compromesso non può avere evitato lo svolgimento di nuove elezioni e il negoziato con Israele: gli stessi scogli contro i quali si sono infrante le precedenti riconciliazioni. L'unico elemento nuovo, tuttavia, è Hamas. Il movimento islamico è sempre lo stesso: contrario a negoziare con Israele, pressato dentro la striscia da milizie e organizzazioni sempre più radicali e vicine ad al Qaeda. Ma è estremamente debole. In nome della solidarietà sunnita, aveva rotto con il regime siriano ed Hezbollah sciita libanese, che davano ad Hamas appoggio politico, economico e militare. E l'anno scorso hanno perso il loro sponsor egiziano: il governo di Mohamed Morsi della fratellanza islamica. Un Hamas più malleabile potrebbe accettare le posizioni più moderate di Fatah e dell'Autorità palestinese di Ramallah, finalmente a favore di un negoziato con Israele. Se un negoziato esistesse.
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CRONOLOGIA
La storia
Al-Fatah, è un'organizzazione fondata nel 1959 dal leader Yasser Arafat e ha rappresentato per decenni - come partito combattente - la spina dorsale della contrapposizione palestinese allo Stato d'Israele.
La presa di potere a Gaza
Nel 2007 però il movimento radicale di Hamas prese possesso della Striscia di Gaza (dopo le elezioni libere di un anno prima), rompendo ufficialmente con Fatah e il suo leader Abbas. A quel punto il presidente Mahamud Abbas dissolse il governo di unità dominato da Hamas licenziando il premier Ismail Haniya. I contrasti sono stati numerosi ma determinati soprattutto dal fatto che Hamas, tra l'altro, non riconosce il diritto all'esistenza di Israele e invoca la sua distruzione.
I precedenti tentativi
Ci sono stati nel corso degli ultimi anni vari tentativi di riconciliazione tra le due fazioni palestinesi ma senza successo: nel 2008 in Yemen, nel 2009, nel 2011 e nel 2012. Nel 2013 ci furono dimostrazioni di massa di centinaia di migliaia di palestinesi a sostegno dell'unità e riconciliazione. In tutti questi episodi le due parti non hanno mai dato seguito agli accordi sottoscritti.
I colloqui di Washington
Il 29 luglio 2013 a Washington gli israeliani e i palestinesi hanno riaperto i colloqui di pace per la prima volta dopo tre anni di stasi, ma senza successo.

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