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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2014 alle ore 19:09.
L'ultima modifica è del 25 aprile 2014 alle ore 19:22.

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(Ap)(Ap)

A due giorni dalla canonizzazione dei Papi Roncalli e Wojtyla arrivano le testimonianze degli uomini più vicini ai due Pontefici: dal segretario particolare di Giovanni XIII, il cardinale Loris Capovilla, allo storico portavoce - per 22 anni - di Giovanni Paolo II, Joaquin Navarro-Valls fino a Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e segretario particolare di Wojtila per ben 39 anni.

Capovilla: «I due Papi santi perché sono come bimbi»
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II «sono stati due bimbi». «I Santi sono coloro che non sono mai usciti dall'infanzia»: questa la testimonianza emozionata del cardinale Loris Capovilla, segretario particolare di Giovanni XXIII, durante il briefing di oggi con i giornalisti in collegamento video da Sotto il Monte, Bergamo, città natale di Roncalli. «Questo vecchio prete - ha detto Capovilla - vi parla dalla casa di Giovanni XXIII. Sono commosso, confuso e intimidito». Il cardinale ha poi ricordato che la casa di Roncalli è meta di pellegrini, di tutte le fedi. «Sono tantissimi i bambini che qui arrivano, anche bambini musulmani». «Sapete a che età é morto Giovanni XXIII? domando loro e poi rispondo: A 81 anni». «Ma io - aggiunge Capovilla - ho visto morire non un vecchio ma un bambino, perché Giovanni XXIII aveva il sorriso sulle labbra come un bimbo». «Anche Wojtyla - ha continuato il cardinale che ha ricevuto la porpora lo scorso febbraio a 98 anni - quando l'ho incontrato e ho incrociato il suo sguardo, ho visto lo sguardo di un bimbo. L'espressione "due occhi e un sorriso" usata per Roncalli, la si può usare anche per lui».

Navarro Valls: «La preghiera per Wojtyla era sua identità»
La santità di Wojtyla è sintetizzata attraverso tre verbi: «Pregare, lavorare e sorridere». Ne è convinto Joaquin Navarro-Valls, suo portavoce per 22 anni, che con la stampa ha ripercorso il pontificato di Giovanni Paolo II, anche attraverso aneddoti personali nutriti da un rapporto di vicinanza e intesa profonda. Preghiera che per Wojtila, spiega Navarro Valls, fu «bisogno dell'anima» e «immagine più eloquente della sua identità». «Quindi, come per noi è respirare, per lui era pregare: da una parte una naturalezza, dall'altra una intensità e una costanza enorme», ha affermato Navarro-Valls. Ma anche nel lavoro - secondo l'ex portavoce - c'era «qualcosa che parlava di santità»: «Giovanni Paolo II non sapeva perdere un minuto e insieme non aveva mai fretta». La terza dimensione del futuro nuovo santo era l'allegria, il buon umore, spiega ancora Navarro-Valls, che ha senza dubbio le sue radici nella santità perché - dice - non si sarebbe spiegato altrimenti vista la «gravità dei problemi che affrontò e le grandi sofferenze che provò». Anche Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, segretario particolare di Giovanni Paolo II ha ricordato oggi un aneddoto legato all'attentato che subì Wojtyla il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro: «In ambulanza, ancora cosciente, pregava per il suo attentatore. Non sapeva il suo nome ma già lo aveva perdonato».

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