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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2014 alle ore 20:18.

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Airbnb, il portale che mette in contatto chi affitta e chi cerca alloggi per un periodo limitato di tempo, potrebbe essere trascinato alla sbarra dal procuratore di New York Eric Schneiderman. È l'epilogo, racconta Mashable, di una storia iniziata durante l'autunno del 2013 quando il procuratore ha chiesto, senza riceverlo, l'elenco completo dei locatori newyorkesi.

Nello stato della Grande Mela è vietato affittare appartamenti o case per meno di 30 giorni, a meno che ospite e ospitato non condividano lo stesso tetto. L'aspetto fiscale – difficile da controllare – è anche una delle leve con cui Schneiderman cerca di scardinare le resistenze di Airbnb. A questo si vanno ad aggiungere alcuni utilizzi non proprio canonici del servizio offerto dal portale, finito nelle maglie di chi controlla la prostituzione. Secondo il management del portale il procuratore «vuole combattere l'innovazione e intende prendersela con la gente normale».

La sharing economy sotto accusa
Il mercato alberghiero è sofferente, lo stabilirebbe uno studio commissionato dalla città di New York dal quale risulta che due terzi dei soggiorni targati Airbnb sarebbero illegali; la replica dell'azienda evidenzia che l'87% degli utenti rispettano le norme. Questo però accade solo a New York perché in altre città (ad esempio a Portland e a San Francisco), chi affitta casa tramite Airbnb versa al fisco anche una tassa di soggiorno.

Airbnb vale 10 miliardi di dollari
Qualche giorno fa, era il 18 aprile, Airbnb ha chiuso un round di finanziamento da 450milioni di dollari, portando il proprio valore alla cifra di 10 miliardi. Il business model è lineare e redditizio: Airbnb trattiene una percentuale delle somme pattuite tra locatore e locatario che varia dal 6 al 12%.

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