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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2014 alle ore 08:12.

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Lina Palmerini
ROMA
Catturato in un fuorionda di Rainews, il faccia a faccia tra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano è diventato pubblico prima del previsto anche se da giovedì si vociferava di un possibile incontro. «Aspetto una convocazione a qualsiasi ora», dice il premier a margine delle celebrazioni del 25 aprile mentre saluta il capo dello Stato e conferma l'appuntamento di oggi. Le telecamere riprendono la scena, le agenzie diffondono la notizia e subito scattano le ricostruzioni politiche secondo le quali l'incontro avrà in agenda il tema delle riforme istituzionali, delle fibrillazioni politiche dentro e fuori il Pd ma soprattutto un «focus» sulla crisi in Ucraina. Insomma, un colloquio che è diventato necessario per questioni interne ma urgente per questioni internazionali come si è visto dall'escalation di ieri che ha avuto immediata ripercussione sulle Borse. E infatti dopo la conference call tra Barack Obama e leader europei – Hollande, Merkel, Cameron e Renzi – sono state annunciate nuove e mirate sanzioni alla Russia e si è anche parlato di un probabile vertice Ue già la prossima settimana. Inoltre il premier proprio questa mattina, alle 10, incontrerà il premier dell'Ucraina Iatseniuk e subito dopo potrebbe salire al Colle con in mano gli ultimi sviluppi della crisi. Dunque, la tensione in Ucraina sarà il primo nodo da affrontare ma subito dopo si passerà alle questioni di politica interna.
Già giovedì Giorgio Napolitano aveva incontrato Anna Finocchiaro che sta gestendo la difficile partita della riforma del Senato a Palazzo Madama e la spaccatura segnata dal dissenso di un gruppo di senatori Pd che si oppongono al testo Boschi-Renzi. Uno strappo a cui ne è seguito un altro, quello di Silvio Berlusconi che ha frenato sia sulla revisione del Senato che sulla legge elettorale. Insomma, la sensazione di ieri era quella di essere tornati al passato, agli anni in cui ogni tentativo di riforma si arenava in un punto morto. Non solo. Questa volta c'è un'altra aggravante: le minacce di voto anticipato che il Quirinale non può certo prendere in considerazione vista l'imminenza delle elezioni europee ma soprattutto la presidenza di turno italiana al semestre Ue. Dunque, occorre trovare un "verso" per mandare avanti il capitolo delle riforme senza strappi nel Pd e senza perdere per strada il contributo di Forza Italia. In questo senso Napolitano troverà un premier già convinto della necessità di non procedere a strappi minacciando – appunto – le elezioni anticipate – ma dialogando e ricucendo dentro il partito. Uno sforzo di mediazione che il Colle chiederà a Renzi il quale gli parlerà degli appuntamenti già messi in agenda per ripristinare un "filo" col suo partito: l'incontro con i capigruppo Pd, un seminario sulle riforme del ministro Boschi aperto a tutti e – soprattutto – ci sarà una nuova direzione del partito. Meno scottante è il capitolo lavoro dove non ci sono lacerazioni preoccupanti.
Comunque questo lavoro di ricucitura sarà l'impegno che chiederà Napolitano per affrontare le tappe del semestre Ue con un Governo saldamente in sella. Ma – cosa più importante – uno stallo sulle riforme con ripercussioni sulla stabilità politica rischia di compromettere quegli spiragli di crescita su cui si fonda la tenuta dei conti. Insomma, l'obiettivo del Colle è "puntellare" la stabilità anche per un equilibrato sviluppo della campagna elettorale per le europee: il vero test che influenzerà Italia ed Europa.
Ieri per Napolitano era la giornata dedicata al 25 aprile, al ricordo della Liberazione ma è stata l'occasione per annunciare la sua partecipazione alle celebrazioni dello sbarco in Normandia il 6 giugno prossimo. E poi c'è il richiamo forte sui Marò: «Fanno onore all'Italia i nostri due Marò trattenuti ingiustamente e da troppo tempo lontani dalla patria». E non evita il tema caldo delle spese per la Difesa aprendo a «una razionalizzazione delle strutture e dei mezzi ma senza indulgere a decisioni sommarie che riflettano anacronistiche diffidenze e demagogiche pulsioni antimilitariste».
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